mercoledì 31 gennaio 2007

Il fondatore del dadaismo: Marcel Duchamp



Marcel Duchamp nasce a Blainville (Rouen) il 28 luglio 1887. Artista concettuale, per cui all'opera d'arte deve sostituirsi il puro atto estetico, comincia a dipingere a 15 anni, influenzato dalla tecnica degli impressionisti. Nel 1904 si trasferisce a Parigi, dove raggiunge i fratelli Gaston. Frequenta per qualche tempo l'Académie Julian ma, annoiato, la abbandona quasi subito. Negli anni dal 1906 al 1910 le sue opere manifestano caratteri di volta in volta diversi, in rapporto alle influenze del momento: d'apprima Manet, quindi l'intimismo di Bonnard e Vuillard, e per finire con il Fauvismo. Nel 1910 dopo aver visto per la prima volta le opere di Paul Cézanne, abbandona definitivamente l'impressionismo e Bonnard. Per un anno Cézanne e il Fauvismo sono i suoi riferimenti stilistici. Ma tutto è destinato a durare poco. Negli anni 1911 e 1912 dipinge tutte le sue più importanti opere pittoriche: Ragazzo e ragazza in primavera, Giovane triste in treno,Nudescendant un escalier nº2, Il re e la regina, circondati da nudi veloci, Il passaggio della vergine alla sposa. Nel 1913, all'Armory Show di New York, Nu descendant un escalier nº2 è l'opera che suscita maggior scandalo. Esaurite le possibilità esplorative con la pittura, inizia a lavorare al Grande vetro. L'opera comprende un insieme di elementi grafici su lastre di vetro e metallo ed è ricca di simbologie inconsce ed alchemiche. Il suo significato è difficilmente decifrabile, ma può essere considerata una globale, ironica contestazione, sia della pittura, sia più in generale dell'esistenza umana. Nascono anche i primi "ready-made", oggetti d'uso comune dotati di statuto artistico, tra cui la celebre Ruota di bicicletta. L'anno successivo acquista e firma lo Scolabottiglie. Nel 1915 si trasferisce a New York dove inizia la grande amicizia con Walter e Louise Arensberg. Consolida i suoi contatti con Francis Picabia e conosce Man Ray. Prosegue gli studi per la realizzazione di Mariée mise à nu par ses Célibataires, meme (1915-1923), che non porterà mai a termine. Nel 1917 realizza il famoso Fountain, che viene rifiutato dalla giuria della Society of Independent Artists. Viaggia prima a Buenos Aires, poi a Parigi, dove incontra tutti i principali esposnenti dell'ambiente dadaista, che di lì a qualche anno daranno vita al surrealismo. Nel 1920 è di nuovo a New York. Insieme a Man Ray e Katherine Dreier fonda la Société Anonyme. Assume lo pseudonimo di Rose Sélavy. Si cimenta con la fotografia sperimentale e i lungometraggi e realizza i primi "dischi ottici" e "macchine ottiche". Nel 1923 comincia a dedicarsi professionalmente al gioco degli scacchi e abbandona quasi completamente l'attività artistica. Unica realizzazione è il film Anémic Cinéma. Riprende l'attività artistica soltanto nel 1936, quando partecipa alle mostre del gruppo surrealista a Londra e a New York. Comincia a progettare la Boite en válise, una raccolta portatile delle riproduzioni delle sue opere più significative. Sorpreso in Francia dallo scoppio della guerra, nel 1942 s'imbarca per gli Stati Uniti. Qui si dedica soprattutto alla sua ultima grande opera, Étant donneés: 1. la chute d'eau, 2. le gaz d'éclairage (1946-1966). Partecipa a mostre e ne organizza e allestisce a sua volta. Nel 1954 muore l'amico Walter Arensberg, e la sua collezione viene donata al Philadelphia Museum of Art. Ne fanno parte ben 43 opere di Duchamp, tra cui gran parte delle opere fondamentali. Nel 1964, in occasione del cinquantesimo anniversario del primo "Readymade", in collaborazione con Arturo Schwarz, realizza un'edizione numerata e firmata dei suoi 14 più rappresentativi Readymade. Marcel Duchamp muore a Neuilly-sur-Seine il 2 ottobre 1968.


Per chi fosse interessato a quest'artista riportiamo di seguito i luoghi e le date in cui poterlo vedere:

dal 24.5.2007
A theatre without theatre Museu d´Art Contemporani de Barcelona - MACBA, Barcellona

dal 11.5.2007
Twin Bill Oklahoma City Museum of Art, Oklahoma City, OK

dal 1.3.2007
Fondation Beyeler: EROS Rodin und Picasso BA-CA Kunstforum Wien, Vienna

dal 18.2.2007
RE-OBJECT Kunsthaus Bregenz, Bregenz

fino al 3.8.2008
The Shape of Time Walker Art Center, Minneapolis, MN

fino al 22.4.2007
Back to the Future - Re-Viewing the Twentieth Century The RISD Museum, Providence, RI

sabato 27 gennaio 2007

Il giorno della memoria




"Noi sopravvissuti siamo una minoranza anomala oltre che esigua: siamo quelli che, per loro prevaricazione o abilità o fortuna, non hanno toccato il fondo."

Primo Levi

mercoledì 24 gennaio 2007

L'inventore dell'Action Painting: Jackson Pollock



Fondamentale artista della storia americana, Jackson Pollock nasce il 28 gennaio 1912 a Cody nello Wyoming. E' il rappresentante più emblematico della cosiddetta "action painting", la corrente che rappresenta il contributo americano all'informale e che consiste nel trattare la tela con ampi e violenti movimenti del pennello, attraverso "azioni" appunto dinamiche.
Questo possente artista, i cui quadri emananti una selvaggia energia non possono lasciare indifferenti, trascorse la sua infanzia e la sua adolescenza in Arizona e California. La sua è una famiglia contadina assai numerosa (Jackson è l'ultimo di cinque figli), di origine scozzese-irlandese.
Già a 15 anni Jackson è piuttosto irrequieto e dedito all'alcool. Frequenta la High School di Reverside dalla quale viene allontanato per indisciplina e, nel 1929, pure dalla High School di Los Angeles, alla quale si era iscritto nel 1925. Durante la Grande Depressione abita a New York, dove vive alla giornata e dove frequenta i corsi di Thomas Hart Benton all'Art Student Leaugue.
Nel 1936 frequenta il Laboratory of Modern Techniques in Art di Siqueiros, dove sperimenta tecniche, strumenti e materiali di pittura non tradizionale. Dal 1938 al 1942 lavora nel Works Progress Administration del Federal Art Project nel reparto murales, ma scarsi sono l'interesse e il successo. E' un periodo di gravi difficoltà economiche e di privazioni.Nel 1940 conosce Orozco e la pittura messicana.
Nel 1942 partecipa alla grande mostra dell'Art of this Century e viene apprezzato dal critico Clement Greenberg, che lo seguirà e sosterrà in tutta la sua carriera.
Nel 1943 incontra Peggy Guggenheim che gli fa un contratto di cinque anni. Grazie a lei nel 1944 presenta la sua prima mostra personale che gli apre le porte della celebrità. Nel 1940 sposa la pittrice Lee Krasner e si trasferisce assieme a lei in una fattoria a Long Island, dove conduce una vita modesta, lontano dall'alcool. Gli anni fra il 1945 e il 1950 sono i più creativi.
A questo proposito, è bene precisare che l'arte come comunicazione non ha mai interessato a Pollock. "Dipingere è un modo di essere ", diceva. Questa affermazione ha stimolato il critico americano Harold Rosemberg a scrivere le seguenti parole, nel tentativo di approfondire la concezione pollockiana : "A un certo momento i pittori americani cominciarono a considerare la tela come un'arena in cui agire, invece che come uno spazio in cui riprodurre, disegnare, analizzare o esprimere un oggetto presente o immaginario. La tela non era più dunque il supporto di una pittura, bensì di un evento [...]. L'innovazione apportata dalla pittura di azione consisteva nel suo fare a meno della rappresentazione dello stato per esprimerlo invece in un movimento fisico. L'azione sulla tela divenne così la stessa rappresentazione...".
Una delle innovazioni più importanti di Pollock, all'interno di questo modo di considerare la pittura e il suo supporto materiale, la tela, è stata la messa a punto di una tecnica chiamata "dripping" (letteralmente "sgocciolamento"), consistente nel far gocciolare il colore su una tela posta in orizzontale, determinando la colatura del colore con gesti rituali e coreografici in cui erano presenti reminescenze dei riti magico-propiziatori praticati dagli indiani d'America. Le opere così realizzate si presentano come un caotico intreccio di linee e macchie colorate, con una totale assenza di organizzazione razionale.
Lo stesso Pollock, nel 1949, durante una conversazione con Rosemberg, sostenne la supremazia dell'atto pittorico come sorgente di magia. Subito fu coniato proprio da Rosemberg il termine di "Action-painting", pittura-azione. Considerato "il rantolo mortale del dadaismo", "un atto di negazione totale"..."incapace di assolvere alla funzione di comunicare per l'assenza di immagini definite" (Pollock), questo nuovo stile venne inizialmente guardato con diffidenza dai critici americani ed europei.
Non sappiamo se questo stato di cose abbia effettivamente turbato l'ipersensibile personalità di Pollock. Quel che è certo è che la sua dedizione all'acool, pur con alti e bassi, non venne mai meno. Nel 1950, dopo un periodo di salutare interruzione, colto dalla depressione (uno stato d'animo che l'ha perseguitato e che non l'abbandonerà mai), riprese a bere. Muore in un incidente stradale, ubriaco al volante della sua auto, a South-Hampton, il giorno 11 agosto 1956.



Per chi fosse interessato a quest'artista riportiamo di seguito i luoghi e le date dove poterlo vedere:

dal 17.6.2007
Picasso and American Art Walker Art Center, Minneapolis, MN

dal 4.3.2007
The Modern West: American Landscapes, 1890–1950 Los Angeles County Museum of Art - LACMA, Los Angeles, CA

dal 23.2.2007
Picasso and American Art San Francisco Museum of Modern Art, San Francisco, CA

fino al 22.4.2007

Back to the Future - Re-Viewing the Twentieth Century The RISD Museum, Providence, RI

fino al 28.1.2007
The Modern West: American Landscapes, 1890-1950 MFAH - Museum of Fine Arts, Houston, TX

fino al 28.1.2007
Picasso and American Art Whitney Museum of American Art, New York, NY

fino al 28.1.2007
Radical NY! The Downtown show: the New York art scene, 1974-1984 and abstract expresionism: 1940-1960 Austin Museum of Art - AMOA, Austin, TX

giovedì 18 gennaio 2007

Mario Schifano il genio italiano della Pop Art



Mario Schifano nasce a Homs in Libia il 20 settembre 1934. I suoi debutti sono nell'ambito della cultura informale con tele ad alto spessore materico. Con opere di questo genere inaugura la sua prima personale nel 1959 alla Galleria Appia Antica di Roma. E' comunque in occasione della mostra del 1960 alla Galleria La Salita in compagnia di Angeli, Festa, Lo Savio e Uncini, che la critica comincia a interessarsi del suo lavoro. Abbandonata l'esperienza informale, ora dipinge quadri monocromi, grandi carte incollate su tela e ricoperte di un solo colore, tattile, superficiale, sgocciolante. Il dipinto diventa "schermo", punto di partenza, spazio di un evento negato in cui, qualche anno dopo, affioreranno cifre, lettere, frammenti segnici della civiltà consumistica, quali il marchio della Esso e della Coca-Cola. Nel 1962 Schifano è negli Stati Uniti; conosce da vicino la Pop Art, resta colpito dall'opera di Dine e Kline ed espone alla Sidney Janis Gallery di New York nella mostra The New Realist. Nel 1964 viene per la prima volta invitato alla Biennale di Venezia. L'artista opera ora per cicli tematici: i paesaggi anemici, la rivisitazione della storia dell'arte con i lavori dedicati al Futurismo. E'attratto dalle immagini prelevabili dai mezzi di comunicazione di massa e quindi patrimoni della collettività. Si occupano di questa fase del lavoro di Schifano tanto critici attenti, come Maurizio Calvesi, Maurizio Fagiolo e Alberto Boatto, quanto scrittori illustri, quali Alberto Moravia e Goffredo Parise. Allo Studio Marconi presenta nel 1967 il lungometraggio Anna Carini vista in agosto dalle farfalle, cui farà seguito la trilogia di film composta da Satellite, Umano non umano, Trapianto, consunzione e morte di Franco Brocani. Le sue prime esperienze cinematografiche, portate avanti parallelamente a quelle pittoriche, risalgono comunque al 1964 e da queste subito si evince l'attenzione critica che l'artista presta all'ininterrotto flusso di immagini prodotto dalla nostra civiltà tecnologica in cui il reale viene sempre sostituito dal suo "doppio", sia esso fotografico o televisivo o cinematografico.Agli inizi degli anni Settanta Schifano comincia a riportare delle isolate immagini televisive direttamente su tela emulsionata, riproponendole con tocchi di colore alla nitro in funzione estraniante. Dapprima attinge moltissimo dal materiale girato per un film mai realizzato Laboratorio umano, poi dal patrimonio di immagini che quotidianamente trasmettono le nostre stazioni televisive. Tra gli anni Settanta e Ottanta partecipa a importanti mostre: "Vitalità del negativo nell'arte italiana 1960-70" e "Contemporanea", entrambe a cura di Achille Bonito Oliva; "Europa/America, l'astrazione determinata 1960-76" alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Bologna; "Arte e critica 1980", a cura di Maurizio Calvesi; "Identité italienne" a cura di Germano Celant; "Arte italiana nel XX secolo" organizzata dalla Royal Academy di Londra. E' presente alle edizioni del 1982 e del 1984 della Biennale di Venezia. L'attenzione per il naturale caratterizza tutta l'attuale ricerca di Schifano: paesaggi, gigli d'acqua, campi di grano, movimenti del mare, distese di sabbia sono ricreati, reinventati, filtrati attraverso ricordi, pulsioni, sensazioni, affioramenti del profondo, sequenze di immagini veicolate da apparecchi televisivi, dalla pubblicità, dai rotocalchi, e si configurano pertanto come geografie della memoria. Nel 1990 il Palazzo delle Esposizioni di Roma, in occasione della sua riapertura, gli dedica una rassegna intitolata "Divulgare", con opere di grande formato realizzate per l'occasione. Nel 1996 Schifano rende un omaggio alla sua Musa ausiliaria, ovvero alla televisione, intesa quale flusso continuo di immagini in grado di strutturarsi come vera e unica realtà totalizzante della nostra epoca. Se alla fine degli anni Sessanta si limitava a estrapolare dai programmi televisivi dei singoli fotogrammi e a proiettarli decontestualizzati sulla tela, ora, invece, interviene sulle immagini pittoricamente, mutandone ulteriormente il senso. Schifano muore a Roma il 26 gennaio 1998.


Per chi fosse interessato a quest'artista riportiamo di seguito i luoghi e le date dove poterlo vedere:

Dal 11.1.2007 al 17.2.2007
"Mario Schifano"
Sperone Westwater Gallery, 415 West 13th Street , 10014 New York, NY, USA

venerdì 12 gennaio 2007

Joseph Beuys lo sciamano dell'arte



L’artista tedesco Joseph Beuys (12/05/1921-23/01/1986) è uno dei rappresentanti più emblematici delle correnti concettuali nell’arte della seconda metà del Novecento. La sua è un’arte che si muove lungo percorsi del tutto inediti, fondendo in maniera totale la sua esistenza con il suo essere artista. Vi è qualcosa di così radicale nel suo modo di essere, che verrebbe da pensare che egli abbia davvero identificato completamente l’arte con la vita.
Durante la seconda guerra mondiale fu pilota dell’aviazione tedesca. Partecipò all’offensiva nazista contro i russi, ma il suo aereo cadde oltre le linee nemiche. Beuys riuscì a salvarsi perché fu trovato, moribondo e semicongelato, da un gruppo di tartari nomadi, che lo curarono avvolgendolo in grasso e pelli di feltro. Riuscito a sopravvivere, finì in un campo di prigionia inglese. Da questa esperienza egli trasse motivi di ispirazione che lo hanno accompagnato lungo tutta la sua attività artistica, attività condotta lungo un misterioso filo di rinascita spirituale per giungere all’armonia finale dell’uomo con se stesso e con la natura. Questo sentimento di ecologismo molto spiritualizzato hanno portato gran parte della critica a definire Beuys lo "sciamano dell’arte".
Finita la guerra egli studiò arte all’Accademia di Dusseldorf, e agli inizi degli anni ’60 divenne professore nella stessa accademia, ma ne fu licenziato nel 1972 per aver organizzato uno sciopero. Intanto, negli anni Sessanta divenne uno dei membri più attivi del gruppo "Fluxus", compagine artistica sia americana sia europea, che riunì molteplici artisti accomunati dalla volontà di ricreare non il linguaggio artistico ma il senso dell’arte in relazione alla fruizione sociale della stessa. Per capire lo spirito di fondo di questo gruppo val la pena citare proprio una frase di Beuys, divenuta celebre: "Ogni uomo è un’artista". È un modo per riaffermare il concetto di «arte totale», riportando l’esperienza estetica (ma più che "estetica" l’esperienza va definita di "ricerca di valori e di significati") al vissuto quotidiano da cui nessuno è escluso.
L’opera di Beuys, fatta soprattutto di azioni concettuali e di happening, lo resero famoso soprattutto negli Stati Uniti, dove trovò tra l’altro l’amicizia e la stima di Andy Warhol. Il confronto tra i due artisti rimane una chiave importante per comprendere la base ideologica che attraversa l’arte del secondo dopoguerra, e per meglio capire le differenze che in questo periodo intercorrono tra arte americana e arte europea. Mentre la Pop Art statunitense conserva uno spirito ottimistico con alla base le chiavi del successo americano (ricchezza, consumismo, crescita, espansione continua, ecc.) il Concettuale europeo, impersonato soprattutto da Beuys, ha un rapporto più problematico e complesso con la crisi di coscienza che sempre accompagna l’intellettuale europeo. Crisi che deriva dal peso di una tradizione ingombrante, fatta sia di luci sia di ombre, a differenza degli americani che non hanno passato, e quindi nessun errore da dover rimediare.
Beuys fu uno dei fondatori del movimento dei Verdi in Germania, nazione che per prima trovò momenti di coesione politica intorno alle idee ecologiche. E proprio dall’istanza di diffondere la sensibilità ecologica tra la gente nacque una delle sue opere più interessanti: «7000 querce». Con questa operazione, iniziata nel 1982 e protrattasi fin dopo la sua morte, egli ci ha consegnato un qualcosa, che forse è difficile comprendere nel campo dell’arte, ma che sicuramente ha grandissimo fascino nella possibilità che offre di rimeditare il ruolo sociale dell’artista.



Per chi fosse interessato a quest'artista citiamo di seguito i luoghi e le date dove poterlo vedere:

dal 9.6.2007
MARTa schweigt. Die Leere, die Stille etc. MARTa Herford, Herford

dal 2.6.2007
Mythos Kunsthaus Bregenz, Bregenz

dal 28.2.2007
Objekte und Bilder auf Papier Autoren Galerie 1, Monaco di Baviera

dal 16.1.2007
The Evil - Part I Galerie Gebr. Lehmann, Dresda

fino al 10.2.2008

Mythologies Walker Art Center, Minneapolis, MN

fino al 15.7.2007
Body Politics: Figurative Prints and Drawings from Schiele to De Kooning Walker Art Center, Minneapolis, MN

fino al 9.4.2007
Im Garten der Wirklichkeit - Teil II Diözesanmuseum Köln, Colonia

fino al 25.3.2007
Multiplicity Museum of Contemporary Art Sydney, Sydney, NSW

fino al 30.1.2007U
na larga historia con muchos nudos. Fluxus en Alemania 1962-1994 MALBA Colección Costantini - Museo de Arte Latinoamericano de Buenos Aires, Buenos Aires

fino al 30.1.2007

20 + 20 S.M.A.K. - Stedelijk Museum voor Actuele Kunst, Gent

fino al 28.1.2007
Was ist Plastik? 100 Jahre - 100 Köpfe- Das Jahrhundert moderner Skulptur Stiftung Wilhelm Lehmbruck Museum • Center of International Sculpture, Duisburg

fino al 27.1.2007
Pandoras Reisen Brigitte March Stuttgart, Stoccarda

fino al 12.1.2007
Matthew Barney & Joseph Beuys - All in the Present Must Be Transformed Deutsche Guggenheim, Berlino

mercoledì 10 gennaio 2007

Gianni Dova: spazialista ma non solo



"L'universo è buio: noi speriamo, invece, che l'infinito sia azzurro, sia questo cielo di luce pulita senza nuvole, senza confini". (Gianni Dova)

Gianni Dova nasce a Roma l’8 gennaio 1925. Il padre Edmondo, romano di origine piemontese, è un commerciante di tessuti. La madre è Isabella Maria Rauchensteiner, tedesca.
Il talento artistico di Dova proviene dal nonno materno: Carl von Rauchenstein, pittore, che affrescò numerose chiese nel Tirolo e in Baviera. Nel 1936 entra nel Collegio gesuita di san Leone Magno di Roma, successivamente si trasferisce con la famiglia a Milano, dove frequenta il liceo artistico e si inserisce nell’ambiente bohemien creatosi attorno all’Accademia di Brera. E’ affascinato dagli artisti del gruppo Corrente: Birolli, Morlotti e Cassinari; e da Picasso, di cui segue le influenze post-cubiste. Nel 1945 si sposa e s’iscrive all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove ha come docenti Carpi, Carrà e Funi, e come compagni Ajmone, Cavaliere, Cremonini, Crippa e Peverelli. E’ fra i firmatari nel ’46 del manifesto del Realismo, e l’anno successivo ottiene il primo contratto con un mercante: Cardazzo. Viene seguito molto da tanti collezionisti e critici milanesi che lo apprezzano e lo incoraggiano nella sua ricerca. Tiene la sua prima personale alla Galleria del Cavallino di Venezia ed inizia uno stretto sodalizio con Roberto Crippa, seguendo la strada espressiva del “concretismo geometrizzante”, con notevoli infiltrazioni immaginative. Nel 1950 prende parte alla mostra del MAC con Vedova, Fontana, Crippa, Bertini e Soldati, distaccandosi dalla pittura di astrazione geometrica e virando verso una manipolazione più gestuale e immediata della materia. L’anno successivo, consigliato da Fontana, divenuto suo amico, sostiene lo Spazialismo e ne sottoscrive il Manifesto. Nell’ottobre dello stesso anno, alla Galleria Il Milione di Milano, si tiene la prima esposizione, presentata da Dorfles, della nuova pittura di Dova, più “nucleare”, più “spaziale”, più “informale”. Iniziano subito i conflitti all’interno di questa corrente fra nuclearisti puri e spazialisti come Dova e Crippa, tant’è che nel 1953 si scinde il gruppo e Dova dà vita ad una nuova espressione pittorica: una figurazione embrionale. Nel 1954 prende parte alla Biennale di Venezia e nello stesso anno si trasferisce a Parigi, invitato da Michel Tapiè, dove continua ad esporre così come a Roma e Bruxelles. Si sposta ancora nel 1956, apre uno studio ad Anversa stringendo amicizia con Lam, Matta e Jorn. Frequenta gli ultimi seguaci del Surrealismo sviluppando la sua spiccata immaginazione visionaria alla Ernst.
L’anno dopo torna a Parigi dove espone al Palais des Beaux-Arts, ma si susseguono senza sosta le mostre internazionali in tutta Europa. Nel ’58 inizia il suo periodo “metamorfico”, con sovrapposizioni iconiche di umani e insetti, e nello stesso anno torna a Milano. Partecipa a “Documenta” a Kassel e al “Salon de Mai” a Parigi. Gli inizi degli anni Sessanta lo vedono grande protagonista dell’arte contemporanea italiana. Viene chiamato spesso nelle grandi esposizioni internazionali a rappresentare l’espressione creativa del nostro Paese. Si susseguono sue personali e partecipazioni a collettive a: Lima, New York, Hagen, Amsterdam, Bruxelles. Nel 1964, a Palazzo Reale di Milano, ha una sala nella mostra “Sedici pittori dal 1945 al 1964”. In questo lasso di tempo vive tra Milano e Calice Ligure ove ha uno studio.
Numerosi in questo periodo i viaggi. Tra questi, sarà fondamentale quello in Bretagna nel 1968, dove scoprirà condizioni di luce particolari che saranno fonte di ispirazione per le gouaches, esposte in seguito a Verona e a Brescia. Nel 1970 gli viene dedicata una mostra a Palazzo dei Diamanti a Ferrara. Si va sviluppando il suo interesse per l’incisione e la litografia. Alla fine del 1971, nella sala delle Cariatidi a Palazzo Reale di Milano s’inaugura una sua antologica, curata da Franco Russoli. In questo periodo Gianni Dova si abbandona, come sottolinea Enrico Crispolti, “ad una sorta di immaginoso impressionismo acquatico e boschivo”, che lascia spazio nei suoi cataloghi ad una fertile convivenza con le liriche di poeti suoi amici, con i quali intreccerà sodalizi molto sentiti e profondi. Continuano le esposizioni, fra cui “Milano 70/70, un secolo d’arte” al Museo Poldi Pezzoli e alla Biennale di Milano. Nel 1973 realizza il drappello del Palio di Siena. Nel corso degli Anni Settanta e Ottanta saranno innumerevoli le sue personali in Italia ed all’estero con riconoscimenti di pubblico e di critica.
Ed è questa la stagione della maturità immaginativa doviana. L’artista si immerge in una dimensione magica e fascinosa, evolvendo la sua sensibilità non con ulteriori elementi di ricerca, ma approfondendo e svelando le possibile e innumerevoli chiavi di lettura di quanto sino ad ora espresso. I suoi “giardini” e “paesaggi” non sono più un’espressione surreale ernstiana, ma intense proiezioni psichiche d’accesa fantasia, quindi niente di naturalistico, atmosferico, ma pura introspezione psicologica.
Della inesauribile e preziosa fertilità creativa di Dova continueranno a scrivere: Sanesi, De Grada, Russoli, Alfonso Gatto, Barbera, Castellaneta e Crispolti.
Nel 1983, partecipa alla Mostra presso la GAM di Bologna “L’Informale in Italia”, curata da Barilli e Solmi. Mentre quattro anni dopo, sue opere sono esposte in “Arte svelata. Collezionismo privato a Como dall’Ottocento ad oggi”, a cura di Luciano Caramel.
Il XXII Premio Aldo Roncaglia, nel 1990, presso la rocca estense di San Felice sul Panaro propone un “Omaggio a Dova”, e ancora una personale curata da Tommaso Trini a Cuneo e una partecipazione a “Segno gesto materia. Protagonisti dell’Informale europeo” a cura di Caramel, alla Galleria Arte 92 di Milano.
E come scrive sempre Crispolti “Questo è il Dova estremo, disperatamente neoromantico piuttosto, ormai, che surreale. In uno strazio di disperata volontà di partecipazione, di stupore immaginativo e sensitivo.”
Nel 1991 Claudio Spadoni cura un’antologica di Dova a Palazzo Paolina a Viareggio e alla Casa del Mantegna a Mantova.
Il 14 ottobre Dova muore a Rigoli, sopra Marina di Pisa.



Per chi fosse interessato a quest'artista riportiamo di seguito i luoghi e le date dove poterlo vedere:

Dal 18.11.2006 al 18.1.2007
Pittura Italiana e scuola Romana di antologicaautori Italiani
Galleria delle Battaglie Arte Contemporanea, Via delle Battaglie 69/A, 25122 Brescia, Italia

lunedì 8 gennaio 2007

Omaggio a Mimmo Rotella


Artista dalla multiforme personalità e dalle concezioni visive intense e sempre allineate ad un gusto avanguardistico (poco compiaciuto della ricerca commerciale, malgrado i soggetti rappresentati), Mimmo Rotella nasce a Catanzaro il 7 ottobre 1918 e, conseguita la maturità artistica presso l'Accademia di Belle Arti di Napoli, si stabilisce a Roma nel 1945. La prima fase della sua attività è caratterizzata dalla sperimentazione di stili pittorici diversi che lo porterà a rivoluzionare i linguaggi artistici del dopoguerra. Nel 1951 allestisce la prima mostra personale alla Galleria Chiurazzi di Roma, che ottiene ampia risonanza. Il suo nome comincia dunque a suscitare notevole interesse tanto che nello stesso anno gli viene assegnata una borsa di studio dalla Fulbright Foundation. Può così permettersi di frequentare la prestigiosa Università di Kansas City, un traguardo lontano per un ragazzo cresciuto nel meridione italiano più profondo. Rotella ricambia l'istituzione con la realizzazione di un pannello murale nella Facoltà di Fisica e con la prima registrazione dei poemi fonetici da lui definiti "epistaltici". Nel 1952 è invitato dalla Harvard University per una performance di poesia fonetica a Boston e dalla Library of Congress di Washington per la registrazione di alcuni poemi fonetici. Tornato in Italia, dopo una fase di riflessione sui mezzi della pittura e sulla necessità di utilizzare nuovi strumenti, inventa la tecnica del décollage, caratterizzata dallo strappo di manifesti pubblicitari affissi nelle strade i cui frammenti, siano essi il recto o il verso, sono incollati sulla tela. Esempi memorabili di questa fase sono "Un poco in su" e "Collage", entrambi del 1954. Dal 1958 abbandona gradualmente le composizioni puramente astratte per realizzare décollage con immagini chiaramente leggibili. Questa tendenza culmina nella serie "Cinecittà", realizzata nel 1962 (che comprende "Eroi in galera" e "Tre minuti di tempo") e in quella dedicata alle stelle del cinema e a personaggi famosi ("Assalto della notte", 1962; "Marilyn calda", 1963 e così via). Sono degli anni '60 e seguenti i lavori dedicati alle affiches del cinema mondiale con i volti dei grandi miti di Hollywood. Nel 1961 aderisce, su invito del critico Pierre Restany, al gruppo dei Nouveaux Réalistes, nel cui ambito già Raymond Hains, Jacques Mahé de la Villeglé, François Dufrêne utilizzavano i manifesti pubblicitari con procedimenti analoghi a suoi. Trasferitosi a Parigi nel 1964 lavora ancora sulla definizione di una nuova tecnica, la Mec Art, con cui realizza opere servendosi di procedimenti meccanici su tele emulsionate. I primi lavori di questo genere sono esposti alla Galleria J di Parigi (1965). Continua la sperimentazione con la serie degli Artypo, prove di stampa tipografiche scelte e incollate liberamente sulla tela. Nel 1972 pubblica per la Casa Editrice Sugar il volume autobiografico "Autorotella" esibendosi, in occasione della presentazione del libro al Circolo Culturale Formentini di Milano, in una performance con i suoi poemi fonetici. E' del 1975 la serie "Plastiforme" che espone alla Galleria Plura di Milano; nello stesso anno pubblica anche il primo disco LP italiano di Poemi Fonetici 1949/75 con presentazione di Alfredo Todisco.
Gli anni '70 sono segnati da frequenti viaggi in USA, India, Nepal, per stabilirsi definitivamente a Milano nel 1980.
Appartengono agli inizi degli anni '80 le "Coperture", manifesti pubblicitari ricoperti da fogli che occultano l'immagine sottostante, presentati allo Studio Marconi di Milano ed alla Galleria Denis René di Parigi (1981). Torna alla pittura alla metà del decennio con il ciclo "Cinecittà 2" in cui riprende il tema del cinema affrontato in tele di grandi dimensioni e con la serie "Sovrapitture" su décollage e su lamiera: questi interventi pittorici su manifesti lacerati e incollati su pannelli metallici caratterizzano la stagione più recente dell'artista.
Mimmo Rotella è morto a Milano l' 8 gennaio 2006.



Per chi fosse interessato a quest'artista ricordiamo di seguito i luoghi e le date dove poterlo vedere:


Dal 6.12.2006 al 1.4.2007
Life as a Legend - Marilyn Monroe
Boca Raton Museum of Art, 501 Plaza Real, Mizner Park , 33432 Boca Raton, FL, USA

Dal 28.4.2007 al 24.6.2007

Marilyn Monroe - Life as a Legend
The Dayton Art Institute, 456 Belmonte Park North , 45406–4700 Dayton, OH, USA