domenica 29 aprile 2007

I maestri dell'800



Oltre alle consuete rassegne settimanali sui grandi artisti moderni e contemporanei, a partire da Sabato 5 Maggio e poi ogni primo sabato del mese per 10 puntate, comincerà la rassegna sui grandi maestri della pittura ottocentesca. Il primo imperdibile Post sarà dedicato a Claude Monet.

Giorgio Morandi, il pittore del silenzio



Nato a Bologna nel 1890 in una famiglia della piccola borghesia cittadina, Giorgio Morandi nel 1907 si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Bologna ove si diplomerà nel 1913, quando già hanno visto la luce le sue prime prove significative. Sono infatti del 1910 i "fragili testi" di studente dell’accademia (Nevicata, Periferia). Nell’estate del 1913 la famiglia Morandi si reca per la prima volta in villeggiatura a Grizzana, dove il giovane realizza i primi Paesaggi. Gli amici degli anni di formazione sono Osvaldo Licini, suo compagno d’Accademia, Severo Pozzati, Mario Bacchelli e Giacomo Vespignani di Lugo. Con loro, il 21 e 22 marzo del 1914, l’artista esporrà nella famosa mostra dell’Hotel Baglioni, sulla cui scia nascerà, attraverso Balilla Pratella, il rapporto con il gruppo futurista con il quale Morandi esporrà nello stesso anno alla Galleria Sprovieri di Roma. Contemporaneamente il pittore partecipa alla seconda mostra della Secessione romana. Forte in questi anni è anche l’impulso a sperimentare e verificare in se stesso le possibilità di immagine che la cultura internazionale offre. I rimandi sono fittissimi, i rapporti culturali continui. Così, se per le Nature morte con oggetti a tortiglioni e per i Fiori del 1915 il riferimento d’obbligo è Rousseau, fondamentali per la scelta metafisica saranno nella primavera del 1918 gli articoli e le riproduzioni apparsi sulla rivista bolognese diretta di Giuseppe Raimondi "La Raccolta". Nella seconda metà del 1919 Morandi si accosta al gruppo di "Valori Plastici" e recupera la fisicità delle cose. Nascono opere come Fiori e Natura morta con il tavolo tondo del 1920, ove è avvertibile una sorta di omaggio ai moduli dell’arcaismo. Con il gruppo "Valori Plastici" espone a Berlino, Dresda, Hannover e Monaco nel 1921 e l’anno seguente alla Fiorentina primaverile con la presentazione di Giorgio de Chirico, il quale suggerisce per lui la frase "metafisica delle cose quotidiane". Dopo un momento di inquietudine sottile, riscontrabile nelle Nature morte dal 1920 al 1922, e dopo le tensioni e i fremiti dei dipinti degli anni 1929-1937, Morandi perviene a un meditato controllo dei sentimenti, a quella "poesia del limite", che contraddistinguerà le sue opere. Mentre partecipa alle iniziative del gruppo del "Novecento", l’artista è in relazione anche con gli uomini del "Il Selvaggio" e con Leo Longanesi, cui è legato da una lunga consuetudine di dialogo culturale ed amicizia. Nel 1930 gli viene assegnata per chiara fama la cattedra di Tecniche dell’incisione all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Nello stesso anno è presente alla Biennale di Venezia con quattro acqueforti e una cartella di incisioni. A Venezia ritorna anche due anni più tardi con un Ritratto, due Nature morte e diverse prove grafiche. Nel 1929 e nel 1939 è presente alle edizioni del Premio Carnegie a Pittsburgh. Nel marzo 1932 gli viene dedicato un fascicolo intero de "L’Italiano" con un importante scritto di Soffici e riproduzioni di numerose opere. Si avvia così quella consacrazione che negli anni seguenti sarà confermata da riconoscimenti critici che costruiranno di Morandi l’immagine ufficiale per decenni non più messa in discussione. Dal 1937 i suoi dipinti sono diventati sempre più "preziose gemme d’arte, sempre meno brani di natura": a tale risultato contribuisce in maniera determinante la frequentazione di Roberto Longhi, che giunge a Bologna nel 1934. Nel dopoguerra e negli anni Cinquanta Morandi si arrocca sempre più su posizioni di altissima poesia e di distacco dai dibattiti di tendenza e di situazione. Negli ultimi dipinti degli anni Sessanta la sua altissima poesia si sottrae ancor più al mondo, popolandosi di spettri di solitudine e di memoria irripetibili. Morandi muore a Bologna nel 1964. Le grandi mostre antologiche, a partire da quella bolognese del 1966 fino alle recenti iniziative organizzate in Italia e all’estero dall’Archivio Morandi, ora Museo Morandi, del Comune di Bologna, hanno contribuito a far conoscere sempre meglio agli studiosi e al pubblico italiano la personalità dell’artista ormai concordemente considerato tra i maestri internazionali dell’arte del XX secolo.

sabato 21 aprile 2007

Omaggio ad uno dei grandi maestri italiani: Carlo Carrà



Carlo Carrà è nato a Quargnento (Alessandria) l’11 febbraio 1881, da famiglia artigiana. Dopo aver esercitato per un decennio il mestiere di decoratore murale a Milano, Parigi, Londra, Bellinzona, nel 1906 entra all’Accademia di Brera dove stringe amicizia coi giovani pittori Bonzagni, Romani, Valeri e Boccioni, e sviluppa una esperienza figurativa di tipo divisionista. Agli inizi del 1910 incontra Marinetti e con lui, Boccioni e Russolo, decide di lanciare un manifesto ai giovani artisti per un rinnovamento del linguaggio pittorico. Vi aderiscono Balla e Severini: nasce così il futurismo. Nell’autunno del 1911 Carrà si reca per la seconda volta a Parigi e avvia i primi contatti col mondo cubista; contatti che si intensificheranno durante il terzo viaggio nel febbraio del 1912 per l’esposizione futurista alla Galleria Bernheim Jeune. In questa occasione conosce Apollinaire, Picasso, Braque, Modigliani, Matisse, Léger, Derain e Medardo Rosso. Agli inizi del 1913 aderisce al futurismo il gruppo fiorentino de "La Voce", che stava avviando la nuova rivista "Lacerba", diretta da Papini e Soffici. Carrà vi collabora assiduamente con scritti e disegni: contemporaneamente sviluppa i rapporti coi cubisti francesi e nel 1914 trascorre ancora un periodo a Parigi. Frattanto matura in lui la crisi del futurismo: è questo il tempo dei suoi collages che rispecchiano appunto il suo progressivo distacco dal movimento marinettiano; ed è pure il tempo dei suoi studi sull’arte di Giotto e Paolo Uccello. Disegna parecchio, anticipando soluzioni formali che verranno trasferite nella sua pittura negli anni seguenti. Nel 1916 pubblica nella nuova "Voce": "Parlata su Giotto" e "Paolo Uccello costruttore" dove si riflette la sua nuova posizione artistica e il senso di recupero di un "tempo storico". Del medesimo anno sono i quadri di impronta primitiva e alcuni già metafisici. Richiamato alle armi, dopo un periodo a Pieve di Cento, Carrà per le sue cattive condizioni di salute è ricoverato all’Ospedale Militare di Ferrara: qui incontra De Chirico e Savinio, Govoni e De Pisis. E anche qui disegna e dipinge. Nel 1919, smobilitato, Carrà rientra a Milano e si sposa con Ines Minoja. Segue un altro periodo di meditazioni e crisi interiori: dipinge poco e soprattutto disegna, realizzando quella serie di fogli che i critici, poi, definiranno la sua fase "purista". La ricerca ora è volta alla semplificazione più scarna dell’immagine per fermare l’essenza; ed è il presupposto diretto della nuova pittura che egli comincerà a realizzare nel 1921. Una sorta, insomma, di esercitazione sugli "elementari della pittura" attraverso i quali Carrà nuovamente interpreta la definizione leonardesca dell’arte come "operazione mentale". Poetica questa che si riflette nei quadri e nei disegni non meno che negli scritti pubblicati nella rivista "Valori Plastici" diretta da Mario Broglio. Nel 1923 Carrà affronta il tema del paesaggio marino a Camogli, e il frutto di questo soggiorno sono alcuni dipinti e parecchi disegni destinati a dar spunto a una serie di acqueforti che inciderà a Milano l’anno seguente, dopo una permanenza in Valsesia e nuove meditazioni su Cézanne e i valori del paesaggio. Ora Carrà procede nel proprio lavoro in solitudine, senza più unirsi a gruppi; e questa posizione isolata la conserva anche di fronte al movimento "Novecento" al quale non dà la propria adesione pur partecipando alle due mostre milanesi del 1926 e del 1929 e ad alcune mostre all’estero. Dal 1926 Carrà passa ogni anno diversi mesi a Forte dei Marmi, dove trova temi che gli divengono congeniali, le spiagge deserte, i monti sul mare, i capanni. Seguono anni di lavoro intenso sulla linea di quella che è ormai la sua poetica duratura: lo dichiara egli stesso quando scrive che gli è necessario ricercare "un vero poetico sostenendo che l’immateriale cerca adeguata forma, e la forma crea la superiore armonia che ritorna all’immateriale svelato attraverso l’esperienza pittorica". È la sua poetica delle "cose ordinarie", le cose cioè che "esistono quando l’animo s’inarca e le cose non sono cose, ma espressione poetica del nostro spirito creatore". È questa una linea di continuità che non esclude, naturalmente, forme e modi diversi: volti cioè a una sintesi più accentuata verso quel difficoltoso equilibrio fra elemento concreto e sua trasfigurazione, o astrazione, che per Carrà è stato sempre il problema centrale. Accanto al lavoro pittorico, prosegue la sua battaglia per l’arte moderna con scritti di critica e di dottrina estetica, particolarmente sul quotidiano milanese "L’Ambrosiano". E disegna sempre intensamente, perché trova nel disegno il mezzo più immediato, nitido per fermare idee e spunti di ricerca che poi gli serviranno nel linguaggio pittorico. Anche nell’estate del 1965, la sua ultima estate passata a Forte dei Marmi, esegue una folta serie di disegni, che sono fra le sue ultime opere. Il 13 aprile 1966 Carrà muore a Milano in conseguenza di una brevissima malattia.


Per chi fosse interessato a quest'artista riportiamo di seguito i luoghi e le date dove poterlo vedere:

fino al 29.7.2007
Il Settimo Splendore - La modernità della malinconia
Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea Palazzo Forti, Verona

domenica 15 aprile 2007

Lo spazialista volante: Roberto Crippa



Roberto Crippa, protagonista del Movimento Spaziale, nato a Monza nel 1921, è scomparso in un incidente durante un volo acrobatico a Bresso nel 1972 poco tempo dopo aver inaugurato la propria mostra antologica a Palazzo Reale di Milano. Si forma tra 1944 e 1948 all'Accademia di Brera. Prima mostra personale nel 1947 alla galleria Bergamini e prima presenza alla Biennale di Venezia nel 1948. A un primo periodo nel clima della ricerca postcubista segue un avvicinamento al Movimento Arte Concreta, il gruppo di ricerca non figurativa che eredita la lezione dell'astrattismo tra le due guerre. Il passo successivo vede l'adesione a poetiche informali con l'elaborazione del più noto tra i temi prediletti dall'artista: quello delle 'spirali'. È attorno alla personalità di Lucio Fontana che sollecitati da un ambiente artistico in pieno fermento, quale fu quello del dopoguerra a Milano, capitale culturale e punto di riferimento di valore europeo, si aggregano i giovani artisti, nei due gruppi assai prossimi degli Spaziali e dei Nucleari, con crediti e debiti reciproci. Crippa è tra i firmatari del Manifesti dello Spazialismo del 1950, 1951, 1952. Dalla personale del 1951 presso la galleria di Alexander Jolas a New York, l'artista rientra con nuovi progetti di lavori in cui si integrano il verbo surrealista e la lezione dell'Action painting. Espone alle Biennali di Venezia del 1950 e 1954. Aperto alla sperimentazione, lavora la ceramica ad Albisola. Espone alla Triennale del 1954. Dalle prime 'spirali', essenzialmente grafiche, Crippa passa ad una pittura dalla materia più ricca e dai colori accesi. Giampiero Giani lo presenta a Venezia nel 1954 e lo inserisce nella monografia sullo Spazialismo nel 1956. Alla metà degli anni '50 affronta il tema dei Totem, sorta di ominidi dalle forme fantastiche tra il primitivo e il tecnologico, che vengono iterati alla fine del decennio in sculture metalliche di forte drammaticità. Espone nel 1955 a Dokumenta di Kassel; nel 1956 espone a Genova con il Gruppo 'Phases' e vince il Premio Graziano. Personale al Palais des Beaux-Arts di Bruxelles nel 1957. Nel 1958 partecipa alla Biennale di Venezia che vede la redazione dell'ultimo manifesto del Movimento Spaziale. Rinnova il linguaggio pittorico con gli anni Sessanta, realizzando i 'sugheri', collages polimaterici con legno, cortecce, tela e carta. Alain Jouffroy presenta la monografia del 1962. Espone nel 1963 alla mostra della 'Nuova figurazione' a Firenze. Tra le opere di tale momento si ricordano quelle eseguita a quattro mani con Lucio Fontana e con Victor Brauner. Espone alla Biennale di Venezia del 1966. Segue una fase vicina al New Dada, o alla Pop Art, rappresentata dalle opere intitolate 'Marilyn', una serie di collages composti con giornali che raffigurano spazi siderali, di grandi dimensioni. Nell'ultimo periodo, le 'amiantiti' costituiscono personali trascrizioni del paesaggio dell'uomo dell'era spaziale, a riprova della passione dell'artista per il volo: egli ha infatti più volte rappresentato l'Italia in competizioni internazionali di volo acrobatico. Guido Ballo presenta la mostra di Palazzo Reale di Milano nel 1971. È inserito nella mostra 'L'Informale in Italia' a Bologna nel 1983 e 'Fontana e lo Spazialismo' a Lugano nel 1987.

lunedì 9 aprile 2007

L'esploratore che va oltre l'informale: Giulio Turcato



Giulio Turcato nasce a Mantova il 16 marzo 1912 da Carlo Turcato, Commissario del Regio Deposito dei Monopoli di Sali e Tabacchi, e Margherita Sartorelli. Nel 1920 si trasferisce con la famiglia a Venezia, dove segue saltuariamente l'Accademia o piuttosto la scuola del nudo, perchè la famiglia lo osteggiò sempre nella sua scelta artistica. Nel 1934, durante il servizio militare a Palermo, avverte i primi sintomi di una malattia polmonare che segnerà gran parte della sua esistenza. Nello stesso anno, risulta presente alla IV Mostra dell'Artigianato, nell'ambito del gruppo di artisti veneti selezionati dall'ENPI. Nel 1937 si stabilisce a Milano, dove, ammalatosi spesso, passa per vari ospedali, riuscendo comunque a realizzare delle prospettive architettoniche per l'architetto Muzio di Milano, ad allestire la sua prima mostra personale e ad entrare in contatto con il Gruppo di Corrente senza aderirvi. Negli anni 1942-43 insegna disegno in una scuola di avviamento professionale a Portogruaro ed esordisce alla XXIII Biennale con l'opera Maternità. Attilio Podestà commenta: "Nel concorso per opere ispirate al momento attuale è da notarsi ancora: la Maternità di Turcato, che si richiama al Birolli". Si reca saltuariamente a Milano in compagnia di Emilio Vedova. Nel 1943 giunge a Roma, dove partecipa alla IV Quadriennale e ad una mostra alla Galleria dello Zodiaco, insieme a Vedova, Donnini, Purificato, Leoncillo, Valenti e Scialoja. Nello stesso anno, ancora una personale alla "Campana", e quindi l'inizio di un nuovo capitolo della vita e dell'arte di Turcato: la sua partecipazione alla Resistenza, e dopo la Liberazione, il definitivo trasferimento in città. A partire da questo momento, la sua attività artistica si lega strettamente all'impegno sociale e politico, culminato nell'iscrizione al Partito Comunista Italiano. Nel 1945 la casa editrice Sandron (Roma) licenzia il volume Interviste di frodo, in cui Marcello Venturosi, annotando alcuni momenti della vita artistica romana, parla anche di Turcato, tracciandone un personale ritratto. Nello stesso anno aderisce alla "Libera Associazione Arti Figurative" e all'"Art Club" di Prampolini e Jarema, concorrendo a gran parte delle iniziative espositive dell'associazione, in Italia e all'estero. In occasione di una mostra alla Galleria del Secolo di Roma sottoscrive insieme a Corpora, Fazzini, Guttuso e Monachesi un Manifesto del Neocubismo, divulgato da "La Fiera Letteraria" nel 1947. Alla fine dell'anno si reca a Parigi con Accardi, Attardi, Consagra, Maugeri, Sanfilippo e Vespignani, restando fortemente impressionato dal lavoro di Magnelli, Picasso e Kandinkij. Il 15 marzo 1947 firma a Roma con Accardi, Attardi, Consagra, Dorazio, Guerrini, Perilli e Sanfilippo (insieme ai quali frequenta lo studio di Guttuso in via Margutta) il manifesto Forma, pubblicato in aprile nel primo ed unico numero della rivista "Forma", ove appare anche il suo articolo Crisi della pittura. Nell'estate dello stesso anno partecipa alla prima mostra del "Fronte Nuovo delle Arti" alla Galleria Spiga: l'esposizione costituisce la sua adesione ufficiale al movimento. In ottobre espone con Consagra, Dorazio, Guerrini e Perilli all'Art club di Roma: la mostra è considerata l'uscita ufficiale di Forma. Con lo stesso gruppo ed il critico Guglielmo Peyrce redige, in novembre, il giornale murale Da Cagli a Cagli per protestare contro il testo di Antonello Trombadori pubblicato nel catalogo della mostra di Corrado Cagli alla Galleria La Palma di Roma. Numerosi episodi caratterizzano la sua vicenda biografica nel 1948: compie viaggi a Milano e Venezia, in Polonia, e partecipa alla V Quadriennale di Roma e alla Biennale di Venezia. Nel 1949 tiene numerose personali a Milano, Roma e Torino ed il suo dipinto Rivolta (1948) entra a far parte della collezione della Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma. Nel 1950 soggiorna di nuovo a Parigi, dove ha modo di conoscere Manassier, Pignon e Michel Seuphor. Con opere ispirate a tematiche sociali partecipa alla Biennale di Venezia. L'anno seguente concorre al Premio Taranto ed il suo Piccolo Porto entra a far parte delle collezioni del palazzo del Quirinale. Nel 1952, con Afro, Birolli, Corpora, Moreni, Morlotti, Santomaso, Vedova, entra a far parte del "Gruppo degli Otto", promosso da Lionello Venturi, col quale espone alla Biennale di Venezia. Tiene una personale alla Cassapanca di Roma (11 dipinti), accompagnato in catalogo da un testo di Enrico Prampolini. Partecipa ad una collettiva dedicata al disegno itinerante negli Stati Uniti. Diviene assistente alla Cattedra di Figura al Liceo Artistico di Roma nel 1953 ed ha una personale al Naviglio di Milano ed interviene al dibattito sul tema Arte Moderna e Tradizione aperto sulle pagine di "Realismo" nel mese di febbraio. Torna alla XXVII Biennale di Venezia con un intenso scritto di Emilio Villa che appare su "Arti Visive". Nel 1955 Carrieri parla di Turcato nel volume Pittura e scultura d'avanguardia in Italia. Espone alla Quadriennale Romana (la Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma acquista un suo Reticolo). Nel 1956 compie un viaggio in estremo oriente passando per Mosca fino a giungere in Cina, dove in giugno espone insieme a Sassu, Tettamanti, Zancanaro, Raphael e Fabbri alla mostra Cinque Pittori italiani in Cina. Notevole è, nel corso del '57, l'interesse da parte della critica per il suo lavoro e nel '58 la Biennale di Venezia ordina una sua sala personale, comprendente undici lavori introdotti in catalogo da Palma Bucarelli. Nel 1959 Giulio Carlo Argan e Nello Ponente considerano il suo lavoro in Arte dopo il 1945 ed è presente alla seconda edizione di Documenta a Kassel. Insieme ad altri artisti decide di non partecipare alla Quadriennale romana per protestare contro l'organizzazione e gli organi direttivi che la presiedono e, durante un'intervista, spiega i motivi della sua decisione. Firma un articolo intitolato Conformismo: pigrizia mentale, apparso nel mese di maggio sulle pagine di "Arte Oggi", in cui parla delle posizioni assunte dalla pittura contemporanea. A partire dal 1960 espone con Novelli, Perilli, Dorazio, Consagra, Bemporad, Giò e Arnaldo Pomodoro nell'ambito delle rassegne intitolate Continuità, promosse in diverse gallerie italiane da Giulio Carlo Argan. Nel '60 ha una mostra insieme ad Ajmone e Dova alla Bottega d'Arte di Livorno, ed un suo scritto appare nel volume Crack. Due personali, una alla New Vision Centre Gallery di Londra ed un'altra al Canale di Venezia, si svolgono nel corso del '62, durante il quale Gillo Dorfles parla del suo lavoro nel libro dedicato alle Ultime tendenze nell'arte d'oggi. Nel 1963 Emilio Villa torna ad occuparsi di lui presentandone la personale alla Tartaruga di Roma. Stipula inoltre insieme a Dorazio, un contratto con la Galleria Marlborough di Roma e festeggia l'avvenimento regalandosi un viaggio a New York come semplice turista. Nel 1964 si unisce in matrimonio con la cineasta romana Vana Caruso, espone alla Scaletta di Catania ed al Segno di Roma. L'anno dopo partecipa alla Quadriennale di Roma vincendo il premio della Presidenza del Consiglio, ed è convocato per la prima rassegna celebrativa dedicata a Forma 1. Nel 1966 Maurizio Calvesi ne "Le due avanguardie" e Maurizio Fagiolo in "Rapporto 60" parlano della sua pittura, mentre Nello Ponente cura il testo che accompagna la sua sala personale alla Biennale di Venezia, in cui compaiono, tra le 13 opere esposte, diverse gommapiuma. Nel 1969 è a Francoforte, dove, in occasione di una personale alla Main Galerie D.I.V., Werner Haftamann ripercorre alcune tappe della sua carriera artistica nel corso di una conferenza. Negli anni settanta la sua attività espositiva si intensifica: ha personali da Boni Schubert a Lugano e da Grafica Romero a Roma; nel '72 ha una sala personale alla Biennale di Venezia. S'avvia, al contempo, quel processo di "storicizzazione" della sua opera inaugurato idealmente dalla monografia Giulio Turcato che Giorgio de Marchis licenzia nel 1971, la prima in assoluto nella bibliografia dell'artista. Nel 1973 la città di Spoleto gli dedica una prima mostra antologica, curata da Giovanni Carandente, seguita a distanza di un anno da un'altra, più vasta, al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Il 24 febbraio 1984 si inaugura presso il Padiglione d'Arte Contemporanea di Milano la mostra Giulio Turcato. Partecipa alle rassegne storiche dedicate a Forma 1 a Bourg-en-Bresse e a Darmstad (1987). È presente nuovamente alla Biennale di Venezia, ospitato nella sezione intitolata Opera Italiana (1993). In seguito ad una crisi respiratoria, muore a Roma il 22 gennaio 1995.

domenica 1 aprile 2007

Yves Klein e la rivoluzione monocromatica



Yves Klein nasce a Nizza, in Francia, nel 1928, studia negli anni tra il 1944 e il 1947 alla Scuola Nazionale della Marina Mercantile ed alla Scuola di Lingue Orientali di Nizza. Le sue prime esperienze pittoriche, risalenti al 1949, sono tele dipinte in un solo colore, equivalenti visivi delle Sinphonie Monotone, esecuzioni musicali di una sola nota. Dopo i viaggi a Tokio e nell'Asia orientale, nel 1955 ritorna a Parigi, apre una sua scuola di judo, all'interno della quale appende tre grandi monocromi (blu, bianco e rosa). La sua prima esposizione di monocromi apre i battenti presso la Galerie des Solitaires a Parigi. Il 21 febbraio 1956 inaugura una mostra personale alla Galerie Colette Allendy: Yves, proposition monochromes presentata da Pierre Restany. Nel 1957 espone a Milano alla Galleria Apollinaire undici monocromi blu di identica dimensione dipinti con blu I.K.B. (International Klein Blue). Nel biennio 1957-59 decora la Nuova Opera di Gelsenkirchen, costruita dall'architetto Walter Ruhnau, realizzando con l'aiuto di Rotraut Uecker i suoi primi Reliefs-éponges, grandi rilievi murali con spugne naturali blu disposte a strati. A Parigi, nell'aprile 1958, fa scandalo la sua mostra da Iris Clert Le Vide, ou la sensibilité picturale à l'état de matière première: la galleria si presenta completamente vuota e ridipinta di bianco. Ai visitatori, che vengono fatti entrare pochi alla volta, viene offerto un cocktail blu. In novembre, nella medesima galleria, inaugura Vitesse pure et stabilité monochrome, esposizione di sculture e dischi blu realizzati in collaborazione con Tinguely. Sempre con Werner Ruhnau progetta Architecture de l'air che prevede l'utilizzo di elementi della natura, tetti d'aria, pareti trasparenti, fontane che zampillano acqua e fuoco contemporaneamente. Partecipa nel 1959 alla mostra Vision in Motion all'Hessenhuis di Anversa con Tinguely e Spoerri dove realizza la vendita di zone di sensibilità pittorica immateriale ceduta ognuna al valore di un kg di polvere d'oro. Il 9 marzo 1960 a Parigi, alla Galerie Internationale d'Art Contemporain, presenta al pubblico la performance Les Anthropométries de l'époque bleue, vera e propria azione concettuale dove realizza una serie di impronte umane su tela utilizzando modelli viventi: Klein, in taigth e guanti bianchi, dirige un'orchestra che esegue la Simphonie Monotone. Tre modelle nude si dipingono a vicenda con vernice blu I.K.B e dirette dall'artista, a ritmo di danza, si appoggiano sulle tele appese alle pareti imprimendo le impronte del proprio corpo. Al termine, il pubblico contempla le antropometrie. Le cosmogonies, invece, sono realizzazioni pittoriche ottenute grazie all'intervento di manifestazioni atmosferiche (pioggia, vento...). Klein firma la dichiarazione costitutiva del Nouveau Réalisme e crea le Anthropometrie des Nouveaux Réalistes: impronte collettive di Arman, Hains, Raysse, Restany e Tinguely. Nell'aprile 1961 presenzia a New York alla sua prima esposizione personale da Leo Castelli. In novembre a Milano, alla Galleria Apollinaire, espone per la prima volta i suoi Reliefs Planétaires eseguiti impregnando di blu le carte in rilievo dell'Istituto Geografico Nazionale. Muore il 6 giugno 1962 per una crisi cardiaca.


Per chi fosse interessato a quest'artista riportiamo di seguito i luoghi e le date dove poterlo vedere:

fino al 22.7.2007
Fondation Beyeler: EROS Rodin und Picasso BA-CA Kunstforum Wien, Vienna

fino al 3.6.2007
Yves Klein - Die blaue Revolution MUMOK Museum Moderner Kunst, Stiftung Ludwig im MQ, Vienna

fino al 6.5.2007

Von Edvard Munch bis Barnett Newman – Die Sammlung der Neuen Nationalgalerie Neue Nationalgalerie, Berlino

fino al 5.5.2007
Köpfe - Körper Galerie Rieder GmbH, Monaco di Baviera