sabato 28 luglio 2007

Renato Guttuso il poeta del pennello



"Beato te che quando prendi la matita o il pennello in mano, scrivi sempre in versi! Chi dipinge è un poeta che non è mai costretto dalle circostanze a scrivere in prosa…Ti trovo fratello proprio in questo. Nella disperata premeditazione di fare sempre poesia, in ogni discorso, magari abbandonandolo a sé, incompiuto, caotico, neonato, là dove potrebbe livellarlo con l’integrità del testo, la prosa."
P. P. Pasolini, " Presentazione", 20 disegni di Renato Guttuso, presentati da Pier Paolo Pasolini, Editori Riuniti - La Nuova Pesa, Roma, 6 ottobre 1962.

Renato Guttuso nasce a Bagheria, in Sicilia, il 26 Dicembre 1911 (ma sua madre lo denuncia all'anagrafe il 2 Gennaio del 1912). Della sua infanzia Guttuso stesso scrive.. "tra gli acquarelli di mio padre, lo studio di Domenico Quattrociocchi, e la bottega del pittore di carri Emilio Murdolo prendeva forma la mia strada avevo sei, sette, dieci anni...". Nel 1928 partecipa alla sua prima mostra collettiva a Palermo, ma ormai da quando aveva 13 anni firma i suoi quadri dipinti su tavolette di legno delle quali utilizza le venature del legno come elemento decorativo. Dai primi quadri Renato Guttuso, fondamentalmente verista e naturalista, insegue un'esecuzione prettamente figurativa di temi ancorati al mondo contadino, rurale, popolare: temi sociali o soggetti dichiaratamente politici. Mentre frequenta il liceo a Palermo passa il tempo libero nella bottega del futurista Pippo Rizzo, sfruttando l'opportunità di allargare la sua visione della pittura, avvicinandosi al movimento futurista ed al plasticismo di "Novecento". Lo stile di Renato Guttuso si stacca dal modello pittorico paterno per approdare, già alla fine degli anni Venti, ad una forma pittorica brillante e luminosa, con tonalità aspre e contrastanti. Nel 1930 si iscrive alla facoltà di legge, che abbandona dopo il successo ottenuto alla I Quadriennale di Roma. Nel 1933 scrive, per il quotidiano palermitano "L'Ora", un entusiastico articolo su Pablo Picasso, l'artista spagnolo che sarà il principale modello stilistico e morale per tutta la sua vita. Seguendo la sua strada il pittore, nel 1937 si trasferisce a Roma, dove conosce la sua futura moglie Mimise, e stringe legami d'amicizia con gli artisti della "scuola romana". Guttuso diventa il portavoce più eloquente di una giovane generazione di artisti che avevano sviluppato una crescente avversione per la politica e le mode culturali del regime fascista già negli anni prima della guerra. I giovani artisti esprimevano sui giornali e attraversi le loro opere, le opinioni sulla libertà creativa e sull'imperativo morale del realismo. Parallelamente Guttuso illustra i suoi ideali in una serie di opere di grandi dimensioni, a partire da "Esecuzione in campagna" del 1938-39, dedicata a Federico Garcia Lorca, "Fuga dall'Etna" del 1940 e "Crocifissione" del 1941. Allontanatosi da Roma per motivi politici nel 1943, Renato Guttuso si rifugia a Quarto (Genova), ritornando nella capitale l'anno dopo per partecipare alla Resistenza. Protagonisti della mostra "L'arte contro la barbarie", organizzata da "L'Unità", espone i disegni sulle atrocità della guerra, pubblicati nell'album "Gott mit Uns - Dio è con noi", motto inciso sulle fibbie dei soldati tedeschi, del 1945. Nei febbrili anni del dopoguerra, partecipa alla discussione ideologica fra pittori figurativi ed astratti. In vari articoli su "Vie Nuove", "L'Unità" e "Rinascita", Renato Guttuso si batte a favore di un realismo descrittivo che considera popolare e accessibile alle masse e segue stilisticamente il primo periodo di Pablo Picasso, quello cosiddetto "Blu". Pur non potendo negare le affinità con il realismo socialista sovietico, Guttuso sostiene che la propria ideologia artistica scaturisce da convinzioni profondamente sentite e non imposta da alcun sistema politico. Durante gli anni Cinquanta il pittore è l’esponente principale di una corrente "realista", politicamente impegnata a fianco del P.C.I. spesso polemicamente in lotta con le tendenze "formaliste" di molta arte astratta. Gottuso, che non tradirà mai la sua personale "campagna di idee", esegue lavori che propongono realisticamente la situazione europea. Nel 1968, si reca a Parigi dove ritrae i giovani nelle prime marce di protesta in quello che diverrà nel tempo il leggendario "maggio francese". Dal 1969 vive stabilmente a Roma, nella famosa via Margutta, la strada dei pittori, con la sua compagna Marta Marzotto, la splendida contessa ex mondina e modella. E' il periodo intimo dell'artista che inizia una serie di quadri prettamente autobiografici. Spesso lo spirito polemico affiora prepotente in Guttuso raggiungendo la punta massima con la grande tela "I funerali di Togliatti" del 1972, opera manifesto dell'antifascismo. Guttuso è un pittore che nonostante appartenga ad un'epoca pieno di mutamenti, sociali e culturali, vivendoli da protagonista, non cambia il proprio stile figurativo, rimanendo sempre il pittore illuminato dalla sua terra. Negli anni della maturità, Guttuso, continua a dipingere grandi affreschi di eventi contemporanei, spesso con toni marcatamente allegorici, immagini di ispirazione autobiografica e contadina, politicamente connotate. Tra gli artisti italiani più noti all'estero, Guttuso ha ottenuto numerose mostre prestigiose, fra cui una retrospettiva al Museo Puskin di Mosca ed all'Ermitage di Leningrado. Ha insegnato pittura all'Accademia di Belle Arti di Roma ed è stato Visiting Professor alla Hochschule fur Bildende Kunste di Amburgo. Nominato senatore della Repubblica nel 1976, muore a Roma il 18 Gennaio 1987 lasciando alla sua città natale molte opere che sono raccolte nel museo di Villa Cattolica a Bagheria.


Per chi fosse interessato a quest'artista riportiamo di seguito i luoghi e le date dove poterlo vedere:

fino al 2.9.2007
In pubblico - Azioni e idee degli anni '70 in Italia Villa Croce Museo d'Arte Contemporanea, Genova

sabato 21 luglio 2007

Emilio Scanavino, un alfabeto senza fine



Emilio Scanavino nasce a Genova il 28 febbraio del 1922. Il padre Sebastiano è teosofo e la madre, Maria Felicina Sterla, è fervente cattolica. Queste due culture determineranno in seguito il conflitto interiore, che caratterizza la personalità e l’espressione dell’artista. Nel 1947 Scanavino si reca per la prima volta a Parigi dove soggiorna qualche tempo e, accanto ai critici, incontra i poeti e gli artisti, Edouard Jaguer, Wols, Camille Bryen. L’esperienza parigina si rivelerà fondamentale nel suo percorso stilistico, in particolare per gli echi del postcubismo che assimila e interpreta in chiave personale fin dal 1948, quando espone alla Galleria l’Isola di Genova. Alle suggestioni della lezione di Picasso verso la fine del decennio Scanavino avverte anche l’influenza delle contemporanee esperienze astratte. Nel 1950 alla XXV Biennale di Venezia espone Soliloquio musicale e suscita l’attenzione della critica. Nello stesso anno riceve ex aequo il Primo Premio alla V Mostra regionale genovese. Si dedica completamente alla pittura, affermandosi da questo momento in avanti nell’ambito dell’arte contemporanea internazionale. Nel 1951 s’inaugura una mostra personale alla Apollinaire Gallery di Londra. Conosce Philip Martin, Eduardo Paolozzi e Francis Bacon: le opere di quest’ultimo in particolare lasciano in Scanavino un segno profondo. Ad Albisola, in Liguria, frequenta il laboratorio di ceramica di Tullio d’Albisola, dove incontra e stringe amicizia con Fontana, Dangelo, Baj, Dova, Crippa, Jorn, Appel, Corneille del gruppo Cobra, Matta, Lam. Accanto agli artisti incontra e frequenta Jaguer e Verdet, che Scanavino ha già conosciuto a Parigi dove continua a tornare anche per brevi viaggi fino al 1958. In questo periodo incontra e conosce anche Carlo Cardazzo, destinato a diventare nel giro di poco tempo il suo attento e lungimirante mercante. Nel 1952 è titolare della cattedra di disegno e figura presso il Liceo Artistico di Genova. Il critico Guido Ballo e i galleristi Le Noci, Schwarz e Gastaldelli si interessano alla sua ricerca. Nel 1953 gravita intorno al gruppo milanese degli spazialisti, che ha come punto di riferimento la Galleria del Naviglio, senza mai aderire ufficialmente agli intenti del movimento, e sarà inserito nel volume di Giampiero Giani Spazialismo: origini e sviluppi di una tendenza artistica, pubblicato nel 1956. Nel 1954 Scanavino è nuovamente invitato a esporre alla XXVII Biennale di Venezia, partecipa al primo degli Incontri Internazionali della ceramica, organizzati ad Albisola da Jorn. É in questi anni, più precisamente nel 1957, che avviene l’incontro anche con un giovane critico, che sarà uno degli studiosi dell’Informale italiano ed Europeo, Enrico Crispolti, con cui Scanavino terrà un importante carteggio (cfr. R. Ferrario, Scanavino/Crispolti. Carteggio 1957-1970, Silvana Editoriale, 2006). Dal carteggio emergono l’attualità della poetica del segno e della materia di Scanavino e il confronto del suo linguaggio pittorico con l’informale di matrice europea, in particolare con la lezione di Wols, Mathieue con le suggestioni di Bacon e di Paolozzi. Nascono in questo periodo i primi Rituali e gli Alfabeti senza fine, i temi che ricorrono nella pittura di Scanavino: il segno si fa protagonista sulla tela di un racconto ritmato, di un tempo sospeso, di pieni e vuoti di presenze suggestive, evocate nell’ombra dello studio o nella natura di Calice Ligure, dove, alla fine degli anni Sessanta, Scanavino sposterà il suo studio per alcuni periodi dell’anno. Nel 1957 Scanavino realizza anche il bassorilievo per il Genio Civile di Imperia, esempio del dialogo e della costante verifica che Scanavino attua fra pittura, scultura, ceramica e arti applicate e ravvisabile nella coeva produzione di oggetti in ceramica, vasi, formelle e nelle sculture (cfr. G.Graglia Scanavino, G.M. Accame, Scanavino. La scultura 1952-1980, Documenti dell’Archivio Scanavino, Edizioni Aspasia, Bologna, 2004). Nel 1958 è invitato alla XXIX Biennale di Venezia riceve il Premio Prampolini e al X Premio Lissone (Premio acquisto per l’Ecce Homo, 1956-1957). Si trasferisce con la famiglia a Milano e inizia un rapporto esclusivo con Cardazzo. Conosce Gianpiero Giani, Gillo Dorfles, Roberto Sanesi, Franco Russoli e Alain Jouffroy. Nel 1960 è invitato alla XXX Biennale di Venezia con una sala personale. Vince il Premio Spoleto, il Premio Sassari, il Premio Valsesia e il Premio Lignano. Nel 1962 acquista una casa a Calice Ligure e la trasforma in atelier. Nel 1963 riceve il Premio La Spezia. Nel 1964 Scanavino è invitato di nuovo alla XXXIII Biennale di Venezia con con una sala personale: vince il Premio Pininfarina. Nel 1968 risiede a Calice Ligure, dove si stabiliscono molti altri artisti che formano intorno al maestro una piccola comunità. Nel clima di ritorno alla figurazione Scanavino partecipa alla rassegna Possibilità di Relazione (L’Attico, Roma, 1960) e le due edizioni di Alternative Attuali (L’Aquila, 1962-1965) con le quali Crispolti cerca di fare il punto sulla situazione di “superamento dell’informale” grazie a una oggettivazione delle forme. Nel 1965 Scanavino espone alla Quadriennale e nel 1966 è di nuovo protagonista alla Biennale di Venezia con una sala personale in cui espone grandi tele, accompagnate in catalogo da un saggio di Guido Ballo. Nel 1970 riceve il Gran Premio alla Biennale di Mentone. Nel 1971 si trasferisce per qualche tempo a Roma ed è invitato alla Biennale di San Paolo del Brasile insieme con Alik Cavaliere: i due artisti realizzano l’opera-installazione Omaggio all’America Latina, un grande retablo in omaggio ai martiri per la libertà dei popoli latinoamericani composto da nove pannelli di legno dipinti a olio con innesti di sculture in bronzo, argento e alluminio. I pannelli, suddivisi in 156 riquadri secondo l’iconografia degli alfabeti senza fine di Scanavino, riportano ognuno il nome di un martire per la libertà misteriosamente scomparso e la cui documentazione anagrafica è stata ritrovata da Cavaliere e Scanavino nei registri degli archivi dei consolati di San Paolo. L’opera venne censurata per il soggetto “di natura politica e quindi extra artistica”; tornato in Italia il “retablo” diventò simbolo di libertà, richiesto da istituzioni pubbliche, da galleristi e dagli studenti della Facoltà di Architettura dell’Università Statale di Milano per la manifestazione con Giorgio Gaber. Oggi - grazie al restauro del 2003 dovuto alla collaborazione tra i rispettivi archivi degli artisti e l’accademia di Belle Arti di Brera – l’opera è esposta al Museo della Permanente di Milano. Lungo gli anni Settanta Scanavino trascorre periodi sempre più lunghi nella sua casa di Calice Ligure; il suo segno si semplifica e si raccoglie in griglie o architetture geometriche, che preludono a una riflessione sull’oggettivazione della pittura. Nel 1973 la Kunsthalle di Darmstadt gli dedica una vasta e approfondita antologica. La mostra, modificata in alcuni punti, è itinerante in Italia, a Venezia a Palazzo Grassi e a Milano a Palazzo Reale. Nel 1976 Scanavino alterna la sua attività artistica tra Parigi e l’Italia. Tra il 1979 e il 1980 espone alla Galerie Matthias Fels di Parigi e a Palazzo Massari a Ferrara. Negli anni Ottanta partecipa alle mostre dedicate alla pittura degli anni Cinquanta e Settanta. Tra il 1984 e il 1985 si svolge una sua mostra personale a Firenze al Palazzo dei Congressi e a Tours, presso il Chateau de Tours. Muore a Milano il 28 novembre del 1986.

sabato 14 luglio 2007

I maestri dell'800: Edgar Degas



Edgar de Gas (che in seguito cambiò il cognome nel meno aristocratico Degas) nacque a Parigi il 19 luglio 1834, primo di cinque fratelli di una famiglia facoltosa e dagli spiccati interessi artistici. Il padre, Auguste, era direttore della filiale francese di una banca che il nonno, René-Hilaire, aveva fondato in Italia (dove si era rifugiato durante la Rivoluzione francese). La madre, Célestine Musson, apparteneva a una famiglia di origine francese stabilitasi negli Stati Uniti, a New Orleans, dove il padre commerciava in cotone. Célestine morì all'improvviso quando Edgar aveva soltanto tredici anni e per il bambino, che l'adorava, il colpo fu terribile.Edgar era un ragazzo intelligente, a scuola studiava con impegno (soprattutto le materie preferite, latino e storia), ma senza risultati particolarmente brillanti. Il suo vero amore era il disegno e in questo trovò sempre il sostegno del padre, più interessato all'arte che agli affari. Dopo aver intrapreso con scarsa convinzione gli studi di giurisprudenza, li abbandonò per dedicarsi seriamente alla pittura e nel 1854 iniziò a seguire le lezioni di Louis Lamothe, artista apprezzato all'epoca, ma oggi pressoché dimenticato. Lamothe, già allievo di Ingres, riuscì a trasmettere a Degas l'importanza che Ingres attribuiva al disegno. Nel 1855, Edgar incontrò il maestro, all'epoca settantacinquenne, e ricevette questo consiglio: "Disegni linee, giovanotto, tante linee, non importa se vengono dalla memoria o dalla natura". Grazie alle risorse finanziarie del padre, Degas non conobbe le difficoltà che spesso accompagnano i primi passi di un aspirante artista; anzi poté dedicarsi liberamente alla pittura secondo le proprie inclinazioni. Trascorse molto tempo a copiare quadri al Louvre e dal 1856 al 1859 soggiornò in Italia, dove aveva numerosi parenti, per nutrirsi delle opere dei grandi maestri del Rinascimento. Firenze, Napoli e Roma furono i centri d'arte nei quali si fermò più a lungo, finché, rientrato a Parigi, nel 1859 aprì uno studio in Rue Madame. Nel 1860 compì un secondo viaggio in Italia e anche in seguito vi tornò a più riprese. Durante i soggiorni nel nostro paese, ebbe spesso l'occasione di ritrarre i componenti della sua famiglia. Il ritratto occupò sempre un posto di rilievo nella sua pittura, tuttavia egli si dedicò anche a complesse composizioni di carattere storico, con cui sperava di acquisire notorietà al Salon. A partire dal 1860 Degas cominciò a essere attratto da temi più attuali e in particolare dalle corse dei cavalli. Nel 1861 durante un soggiorno in Normandia, la visita a un allevamento di purosangue contribuì a fargli scoprire il fascino di questi animali; l'anno seguente conobbe Edouard Manet che, dopo averlo incoraggiato a coltivare il suo interesse per la realtà contemporanea, lo introdusse in quel gruppo di giovani artisti che più tardi sarebbero diventati famosi come impressionisti. La banca di Auguste Degas aveva subito un brusco tracollo e il figlio si ritrovò a dover versare ingenti somme ad altri istituti di credito. Per preservare il buon nome della famiglia, Edgar pagò i debiti, andando anche oltre gli obblighi legali, ma dovette vendere la casa, oltre ai quadri della sua collezione privata, e per la prima volta si vide costretto a cercare acquirenti per le sue opere. Le mostre degli impressionisti, che lo stesso Degas contribuì a organizzare, si rivelarono il veicolo ideale per trovare compratori. Partecipò a ben sette delle otto edizioni che si tennero fra il 1874 e il 1886, disertando soltanto la penultima del 1882 e, al contrario di altri impressionisti, non ebbe mai difficoltà a trovare acquirenti per le sue tele, perché la sua perfetta padronanza tecnica faceva sì che i suoi quadri non potessero essere mai accusati di sciatteria (come avvenne invece per altri artisti); Degas dipingeva soggetti del mondo contemporaneo con l'abilità dei grandi maestri e per molti incarnò l'immagine stessa della modernità. La crisi causata dal tracollo finanziario del padre venne rapidamente superata e nel 1880 Degas si era ormai guadagnato il rispetto e l'ammirazione dell'ambiente artistico parigino. Dopo l'ultima mostra degli impressionisti, tenutasi nel 1886, l'artista rinunciò a esporre i suoi dipinti in pubblico e preferì rivolgersi privatamente a clienti selezionati. A cinquant'anni, cominciando a nutrire serie apprensioni per la propria carriera a causa del progressivo e irreversibile peggioramento della vista, decise di dedicarsi con maggiore assiduità alla scultura e via via abbandonò anche la pittura a olio in favore del pastello, che gli permetteva di lavorare più vicino alla tela. Nei lavori realizzati in questo periodo sono frequenti le figure in primo piano, come se il suo punto di vista fosse molto ravvicinato rispetto al passato. La completa dedizione all'arte non gli lasciò molto spazio per coltivare grandi amori, né risulta che abbia avuto relazioni occasionali con qualcuna delle sue modelle. Degas certamente non aveva un carattere facile; nonostante l'agiatezza, conservò sempre abitudini frugali e l'unico lusso che si concesse fu quello di una ricca collezione d'arte. A dispetto delle dicerie, però, fu tutt'altro che un misantropo e condusse una vita appartata solo nella tarda vecchiaia. Mantenne ottimi rapporti con la famiglia, ebbe molti amici e fu anche uno zio affettuoso, dimostrando di trovarsi a proprio agio con i bambini. Fino alla prima metà degli anni Novanta continuò a frequentare i vecchi amici, ma in seguito il peggioramento della vista ridusse la sua mobilità e le lettere che Edgar Degas scrisse dopo i sessant'anni contengono riferimenti sempre più frequenti a problemi di salute. Con la vecchiaia il suo carattere peggiorò e crebbe la sua ostilità verso il mondo moderno (arrivò a definire "comica" la bicicletta e "ridicolo" il telefono); con la progressiva scomparsa di parenti e amici cominciò ad essere assillato dal pensiero della morte. Lavorava con sempre maggiore difficoltà e dopo il 1908 la sua produzione si fece molto scarsa. Nel 1912 fu costretto a traslocare perché la sua casa doveva essere demolita, ma il cambiamento si rivelò devastante per un uomo di quasi ottant'anni e da quel momento abbandonò completamente l'attività artistica. Nello stesso anno, uno dei suoi dipinti, Ballerine che si allenano alla sbarra, venne comprato a un'asta dal Metropolitan Museum di New York per la favolosa somma di 478.000 franchi, la cifra più alta mai pagata fino ad allora per un dipinto impressionista. A chi gli chiese come si sentisse dopo questo trionfo Degas rispose: "Come un cavallo che ha appena vinto una corsa e riceve la solita biada". Negli ultimi anni di vita, venne amorevolmente accudito dalla nipote; ormai era quasi completamente cieco, ma fino al 1914 la sua figura magra e canuta continuò ad aggirarsi per le vie di Parigi appoggiata a un bastone. Edgar Degas morì il 27 settembre 1917, all'età di ottantatré anni. Per sua esplicita volontà, i funerali si svolsero in forma strettamente privata alla presenza degli amici più intimi, fra cui i pittori Claude Monet e Jean-Louis Forain. Non ci fu orazione funebre (anche questo per suo espresso desiderio) e prima di morire affidò a Jean-Louis Forain le poche parole che questi avrebbe dovuto pronunciare sulla tomba: "Amava moltissimo disegnare, proprio come me". L'appartenenza a una classe sociale più elevata portò Degas e Manet a sviluppare interessi e abitudini diverse da quelle degli altri impressionisti: i due artisti, infatti, amavano le corse dei cavalli e condividevano la passione per la musica. Proprio in quegli anni Degas affrontò spesso soggetti teatrali e musicali, si cimentò anche con il paesaggio, che però non fu mai tra i suoi temi prediletti, e dipinse le prime figure di lavandaie. Nei ritratti non si limitò a dipingere se stesso e i familiari, ma raffigurò anche gli amici e altre persone che suscitavano il suo interesse. Espose in alcune occasioni al Salon di Parigi ma, essendo molto geloso delle sue opere, solo raramente ne mise qualcuna in vendita. La sua dedizione pressoché assoluta all'arte venne interrotta nel 1870 dalla guerra franco-prussiana, durante la quale la Francia subì l'invasione dell'esercito tedesco. Arruolato in un reggimento di fanteria, gli venne riscontrato un difetto di vista all'occhio destro ­ il primo segnale dei gravi problemi che lo avrebbero portato alla cecità quasi completa ­ e fu trasferito in artiglieria. Nel 1871, a guerra finita, si recò per una breve visita a Londra, e nell'inverno del 1872-73 trascorse lunghi periodi a New Orleans, ospite dei parenti. Pare che, forse perché già consapevole del rapido peggioramento della propria vista, abbia nutrito una particolare simpatia per la cugina Estelle Musson, che era cieca. Tornato a Parigi nell'aprile del 1873, riprese le proprie abitudini, ma l'anno seguente la sua carriera subì una nuova battuta d'arresto con la morte del padre che gli lasciò in eredità molti debiti.


Per chi volesse approfondire quest'artista riportiamo di seguito i luoghi e le date dove poterlo vedere:

fino al 7.10.2007
Französische Meisterwerke des 19. Jahrhunderts aus der Sammlung des Metropolitan Museum of Art New York zu Gast in Berli Neue Nationalgalerie, Berlino

fino al 30.9.2007
Le cinque anime della scultura Cesac - Centro Sperimentale per le Arti Contemporanee, Caraglio

fino al 16.9.2007
De Cézanne à Picasso, chefs-d'oeuvre de la galerie Vollard Musée d'Orsay, Parigi

fino al 9.9.2007
Manet to Matisse The Nelson-Atkins Museum of Art, Kansas City, MO

fino al 9.9.2007
Defining Modernity: European Drawings, 1800–1900 The J. Paul Getty Museum, Los Angeles, CA

fino al 9.9.2007
Jahre Kunsthalle Mannheim Städtische Kunsthalle Mannheim, Mannheim

fino al 1.9.2007
Masterpieces - European Art from the Collection The Corcoran Gallery of Art, Washington, DC

fino al 12.8.2007
Master Drawings from the Yale University Art Gallery Jack S. Blanton Museum of Art, Austin, TX

fino al 22.7.2007
Fondation Beyeler: EROS Rodin und Picasso BA-CA Kunstforum Wien, Vienna

dal 26.1.2008
Degas in Bronze: The Complete Sculptures Boca Raton Museum of Art, Boca Raton, FL