giovedì 25 ottobre 2007

Dall'informale all'astratto, Arturo Carmassi



Arturo Carmassi nasce il 2 luglio del 1925 a Lucca e già bambino con la famiglia si trasferisce a Torino dove studia e lavora fino al 1952. Segue dei corsi alla Scuola del paesaggio Fontanesi e all’Accademia Albertina, fin da subito entrando in contatto con la cultura e l’ambiente artistico intorno a lui. Influenzato dal cubismo, visita alcune città d’Europa tra le quali Zurigo, Berna, Parigi dove lavora per un periodo prima di trasferirsi a Milano. Confrontandosi con la tradizione delle Avanguardie Storiche, Carmassi ben presto si distinguerà per un fare artistico autonomo. Dalla fine degli anni ’40 l’artista espone con delle personali in alcune gallerie torinesi con buon esito da parte della critica che gli favorirà l’incontro successivo con alcune delle più grandi espressioni artistiche di allora (vedasi la partecipazione alla Mostra Internazionale dell’Art Club e a Pittori d’oggi. Incontri Italia-Francia, organizzate da Luigi Carluccio). All’inizio del decennio seguente risale l’incontro, trasformatosi in un saldo rapporto di lavoro – diventando suo mercante – e di solida, stretta amicizia, con Gino Ghiringhelli della galleria Il Milione. Dal 1952 si sposta nel culturalmente florido capoluogo lombardo, lavorando in Brera; nello stesso anno partecipa alla XXVI Biennale Internazionale d’Arte a Venezia. Gli Anni ’50 fervono di notevoli impegni per il giovane artista che miete ripetuti successi in personali e collettive in gallerie private e pubbliche in Italia (vince il Premio Nazionale di Pittura Golfo della Spezia tiene la sua prima personale al Milione, poi a Roma, La Medusa,Venezia) e fuori (Svizzera, Germania) fino al continente americano (San Paolo, Brasile- New York). Dal 1955 al 1965 Carmassi si dedica con particolare interesse alla scultura, realizzando opere di grandi dimensioni che pervaderanno con la loro imponenza una sala personale alla Biennale di Venezia del 1962. Dalla seconda metà del decennio si assiste nella personale espressione artistica dell’artista di un’”astrazione informale” ad un cambiamento di rotta volto alla riappropriazione della “raffigurazione”, della rappresentazione del paesaggio e della figura, che coincidono con il ritiro nella campagna toscana, tra Firenze, Pisa e Lucca, a Torre di Fucecchio dove vive attualmente. Questo nuovo linguaggio artistico, pervaso da connotazioni simboliche confermanti certi rapporti dell’artista col Surrealismo, trova espressione in una serie di lavori esposti nel 1969 e ‘72 presso la Galleria Trentadue di Milano. Nella seconda metà degli anni ’70 Carmassi manifesta un preponderante, dominante, interesse per la scultura oltre che per le tecniche della litografia e calcografia e attraverso importanti monografie (tra le quali quella di Giovanni Accame del 1980) in cui si presentano le sue diverse tecniche artistiche egli viene individuato come uno degli artisti degni di nota nel panorama della cultura internazionale,venendo chiamato ad esporre e presenziare ad incontri di cultura in Musei ed Istituti in Europa e America fin nei decenni successivi, di intensa attività. Nel 1986 l’Accademia di Francia a Roma dedica una mostra al Museo Immaginario di Carmassi in cui recenti lavori dell’artista condividono lo spazio con quelli di illustri artisti del passato (Dürer, Redon), contemporanei (De Chirico, Picasso, Kandinsky, Miro) e di culture africane, oceaniche. Nel 1992 e ‘94 espone a Firenze, alla Galleria Il Ponte, dipinti dei primi anni Cinquanta e Sessanta e lavori su carta dagli anni Settanta agli anni Novanta. Quest’ultimo decennio Carmassi, pur lavorando sulle ricerche degli anni recentemente precedenti, sottopone il proprio linguaggio espressivo ad una sorta di “semplificazione”, eliminando qualsiasi dato superfluo, con il riconfermarsi di un’opera estremamente “moderna”.

sabato 6 ottobre 2007

I maestri dell'800: Pierre Auguste Renoir



Renoir Pierre Auguste nasce nel 1841 da un modesto sarto di Limoges (Francia), sarà pittore ed incisore, ovvero uno dei più grandi coloristi francesi del XIX secolo. Per Renoir la pittura esprime la gioia di vivere o, per essere più precisi, la gioia di partecipare alla vita di tutto ciò che ci circonda e di apprezzare la bellezza al punto di sentire l'urgenza irrinunciabile di fissare sulla tela il ricordo di ogni percezione visiva; tutto ciò che esiste vive; tutto ciò che vive é bello; tutto ciò che é bello merita di essere dipinto. Renoir occupa un posto preponderante nell'ambito dell'impressionismo. Si devono a lui e a Monet i primi quadri dipinti secondo questa tecnica che si chiamerà «impressionista», nei quali la luce crea spazi vibranti e dove gli impulsi del sentimento generano una freschezza nuova. Ma, contrariamente a Monet, Renoir quasi non può concepire un quadro senza la presenza umana. Così, pur dedicandosi completamente al paesaggio è innanzitutto un pittore di figure e in special modo il pittore della donna. Dopo il trasferimento della famiglia a Parigi, il padre lo mette come apprendista in una bottega, dove egli si applica nella decorazione, dipingendo mazzetti di fiori, di piatti e tazze di porcellana. Grazie alla sua abilità, dopo pochi mesi dal suo arrivo, ha compiuto tali progressi che gli affidano i pezzi più delicati. Ma le ordinazioni si fanno sempre più rare, e la fabbrica che l'impiega, lo licenzia nel 1857. Promosso agli inizi del 1862 al concorso d'ammissione della Scuola Nazionale di Belle Arti, s'iscrive allo studio di Charles Gleyre. Sebbene sia studioso, i suoi professori lo giudicano indisciplinato, e gli rimproverano uno stile ardito, non abituale in quel luogo. Nell'autunno del 1862, Renoir fa amicizia con Alfred Sisley, Claude Monet e Frèdèric Bazille, nuovamente entrati nello studio di Gleyre; tutti e tre professano apertamente la loro ammirazione per i pittori anticonformisti dell'epoca. Ed è grazie a Monet che Renoir e i suoi nuovi amici guardano ciò che sta accadendo nel mondo dell'arte.. Il gruppo che dieci anni dopo costituirà il nucleo fondamentale degli impressionisti si trova riunito, quando Bazille, nel giro di qualche mese, presenta ai compagni Cézanne e Pissarro, che lavorano all'accademia svizzera. Con la chiusura dello studio di Gleyre nel gennaio del 1844 Renoir supera un ultimo esame per la Scuola di belle arti, e non vi rimette più piede. Nel Salone del 1864, Renoir è accettato e figura nel catalogo come allievo di Gleyre. In seguito, non avrà sempre questa possibilità anche se eviterà di inviare le tele più audaci. Se la sua arte ancora non volta le spalle alla tradizione, egli lascia già trasparire quella grazia venata di sensualità che impregnerà tutta la sua opera. Dal 1866, si fanno sentire gli accenti moderni, soprattutto visibili nei ritratti, ma essi sono più improntati verso il realismo di Courbet che all'esaltazione della luce dei pittori all'aperto. Per vederlo compiere il passo decisivo, bisogna aspettare l'anno 1869, quando, avendo raggiunto Monet a Bougival, esegue con quest'ultimo numerose versioni di una trattoria di campagna, "La Grenouillère" (collezione Reinhart, Winterthur). Come lui, egli analizza allora il fenomeno luminoso con occhi nuovi, impiegando nuovi procedimenti, come la soppressione dei dettagli e la frammentazione del tocco. Senza che i due pittori se ne rendano conto, il loro modo di interpretare la natura, abbandonando il contorno, dà il segnale al grande movimento che rivoluziona la pittura: l'impressionismo. Dopo qualche anno Renoir vive nella peggior miseria sostenendosi solo grazie alla generosità di qualche amico, soprattutto di Bazille, che godeva di una certa agiatezza. Dopo la guerra del 1870, Renoir incontra Paul Durand-Ruel che diventerà suo mercante, e il critico Thèodore Duret. Risale a quest'epoca il quadro "La rosa" (museo del Louvre, Parigi), che rappresenta una giovane donna, a seno nudo, che tiene in mano una rosa. Si può, per la prima volta, vedervi l'immagine che Renoir darà della donna: un corpo dalle forme piene, un viso rotondo con gli occhi stretti e a mandorla e un'aria di innocenza nell'atteggiamento. Nel 1874 partecipa alla prima mostra degli impressionisti, che si tiene al boulevard des Capucines. Le tele di Renoir sono, come quelle dei suoi amici, vivamente criticate, ma tuttavia esistono anche degli amatori. Il funzionario del ministero Victor Chocquet a cui farà il ritratto, poi l'editore Georges Charpentier, che gli compra un quadro e gli commissiona dei ritratti della famiglia ( "Madame Charpentier con i figli", esposto con successo al Salone del 1879; Metropolitan Museum, New York). Renoir dipinge durante questi anni le sue tele migliori. Queste esaltano la bellezza del corpo umano e l'armonia della natura, mettendo l'accento sulla gioia di vivere: "La loggia" (1874, Tate Gallery, Londra), "Il mulino della Gallette" e "L'altalena" (1876, museo Jeu de Paume, Parigi). Alcuni visi gli ispirano queste tavole luminose, nelle quali fa affiorare il fascino segreto della donna ( "La lettrice" 1875-76, museo Jeu de Paume, Parigi), dipinge "I canottieri a Chatou" (1879, National Gallery of Art, Washington), riflesso cangiante degli svaghi all'aria aperta sulla Senna. Ma ben presto Renoir interrompe per un certo tempo la sua ricerca impressionista, stimando di non poter andare oltre su questa strada. Questo ritorno alla tradizione classica si realizza nel corso di un viaggio in Italia (1881-82) dove, dopo Venezia, scopre a Roma gli affreschi di Raffaello e a Napoli la pittura pompeiana. Sentendo di non saper «né dipingere, né disegnare», si concentra sulla qualità del disegno, sulla raffigurazione dei dettagli per rendere più precisi i contorni delle forme, più netti i volumi. Una buona parte di ciò che costituiva il fascino del suo modo di dipingere viene abbandonato. I suoi toni diventano severi e la luce fredda, e la sua arte non è più animata dalla magia. Questo periodo è segnato da opere che non hanno ricevuto altra definizione che quella di «solide». Dopo aver partecipato alla settima manifestazione degli impressionisti nel 1882, l'anno seguente fa una mostra presso Durand-Ruel. Talvolta evade da Parigi per dipingere a Guernesey, o all'Estaque in compagnia di Cézanne. Non ha più preoccupazioni finanziarie grazie a Durand-Ruel che si accanisce nel diffondere le sue opere, così come quelle degli altri impressionisti, organizzando mostre a Parigi, Londra, Bruxelles, Vienna e New York. Allora nascono, nel ritrovato splendore, tele vivaci dove sono rese tutte le sottili dispersioni della luce. I raggi si impigliano alle forme, accentuano la pienezza e la freschezza delle carni, caricandole d'un potere di suggestione quasi magico "La dormiente" 1897, collezione privata. A partire dal 1912, il suo stato di salute peggiora, dipinge solo con grande difficoltà. La mano non può afferrare i pennelli e deve far ricorso all'aiuto di membri della famiglia per riuscire a fissarli alle dita. Tormentato dall'artrite e con le dita irrimediabilmente deformate, si faceva legare i pennelli ai polsi. Un amico che nel 1912 si era recato a visitarlo riferisce: "é sempre nelle stesse tristi condizioni, ma é sempre straordinario per la forza del carattere. Non può camminare e neppure alzarsi dalla poltrona e malgrado tutto, sempre lo stesso buon umore e la stessa felicità quando dipinge". La sua pittura afferra sempre con lo stesso slancio comunicativo i momenti più caldi della vita, prendendo a modelli i suoi familiari: la moglie, i figli Pierre, Jean e Claude, e anche la governante, che ritrae in diverse pose. Renoir si spegne il 3 dicembre 1919.


Per chi fosse interessato a quest'artista riportiamo di seguito i luoghi e le date dove poterlo vedere:

dal 28.10.2007
Auguste Renoir Von der Heydt Museum, Wuppertal

dal 21.10.2007
Landscapes from the Age of Impressionism North Carolina Museum of Art, Raleigh, NC

dal 20.10.2007
Impressionists by the Sea The Phillips Collection, Washington, DC

fino al 6.4.2008
Monet bis Picasso - Die Sammlung Batliner Albertina, Vienna

fino al 6.1.2008
From Dürer to Renoir: European Prints from the Harn Museum Collection Samuel P. Harn Museum of Art, Gainesville, FL

fino al 6.1.2008
Bonjour Russland - Französische und Russische Meisterwerke von 1870–1925 Stiftung Museum Kunst Palast, Düsseldorf

fino al 4.1.2008
Renoir Landscapes Philadelphia Museum of Art, Filadelfia, PA

fino al 1.12.2007
A Gift for Santa Barbara - The Dwight and Winifred Vedder Collection Santa Barbara Museum of Art, Santa Barbara, CA

fino al 27.10.2007
Auktion 25 Lehr - Auktionshaus und Galerie, Berlino

fino al 7.10.2007
Französische Meisterwerke des 19. Jahrhunderts aus der Sammlung des Metropolitan Museum of Art New York zu Gast in Berli Neue Nationalgalerie, Berlino

martedì 2 ottobre 2007

Alberto Giacometti l'esistenzialista



Alberto Giacometti nasce il 10 ottobre del 1901 a Borgonovo in Val Bregaglia, nella Svizzera italiana, da Giovanni Giacometti, pittore postimpressionista di buon talento, e da Annetta Stampa, primo di quattro figli insieme a Diego, che ne diventerà l’inseparabile collaboratore e modello, Ottilia e Bruno. Nel 1904 la famiglia si trasferisce nel vicino paese di Stampa, dove, a 12 anni, Alberto rivela una precoce vocazione artistica, coltivata sotto la guida del padre e del pittore fauve Cuno Amiet. Fra il 1920 e il 1921 viaggia in Italia, prima a Venezia e Padova, dove si entusiasma per Tintoretto e Giotto, e in seguito a Firenze, Assisi, Roma, Napoli, Paestum, Pompei, copiando dipinti, mosaici e sculture. Nel 1922 è a Parigi, dove frequenta i corsi di scultura e disegno di Antoine Bourdelle all’Académie de la Grande Chaumiére, esponendo anche le prime opere ispirate a Brancusi e, più ancora, al primitivismo dell’arte africana, egizia, messicana e cicladica, come le famose Plaques. Ma è dopo il 1929, quando entra in contatto con Max Ernst, Joan Mirò e gli ambienti del surrealismo, che Giacometti attira l’attenzione di critici e intellettuali con un gruppo di opere di ispirazione surrealista come Boule sospendue, esposta nel 1930 alla mostra con Arp e Mirò, o come La femme egorgée e Palais à quatre heures du matin nella cui onirica visionarietà si intrecciano violenza e ambiguo erotismo. Abbandonato nel 1935 il gruppo surrealista, Giacometti attraversa un lungo periodo di solitaria e tormentata ricerca scultorea che si conclude nel ’45, dopo la guerra - trascorsa a Ginevra insieme alla madre - con la creazione delle prime figure esili e allungate, sigla stilistica della sua opera più matura, esposte per la prima volta nel 1948 in un’importante mostra alla Pierre Matisse Gallery, accompagnata da un catalogo con il saggio di Jean Paul Sartre, La ricerca dell’assoluto, che fa dell’opera di Giacometti l’espressione artistica più genuina dell’esistenzialismo. Ma è il grande collezionista e mercante d’arte Aimé Maeght, che più di ogni altro ne farà conoscere l’opera nel corso degli anni ’50, quando Giacometti avvia una profonda e sofferta riconsiderazione critica dei modi della sua percezione visiva, raggiungendo una forza espressiva sempre più intensa e coinvolgente. In questi anni diviene un artista unico nel panorama internazionale, grazie alle sue sculture - come le Femmes de Venise, esposte alla Biennale di Venezia del ’56 - , ai suoi ossessivi ritratti pittorici - come quelli di Isaku Yanaihara - sempre più monocromatici , e ai suoi busti sempre più tormentati del fratello Diego, della moglie Annette, sposata nel ’49, di Caroline, la prostituta che ne diventa modella e amante, di Elie Lotar. Nasce in questi stessi anni, su impulso dell’amico ed editore Tériade, la serie delle 150 litografie di Paris sans fin, il libro pubblicato postumo nel 1969. La sua fama è ormai altissima quando nel 1964 nasce in Svizzera, fra grandi polemiche, la Fondazione Alberto Giacometti, dopo che anche Maeght aveva creato una propria Fondazione a Saint Paul de Vence in cui aveva riunito le opere dell’artista. E mentre si moltiplicano nel mondo le retrospettive dedicate alla sua opera, la sua salute comincia ad aggravarsi: nel ‘63 era stato operato a Parigi per un cancro allo stomaco. In questi stessi anni si erano fatti più intensi anche i rapporti di Alberto Giacometti con gli ambienti intellettuali e della critica d’arte milanesi, avviati fin dal ’57 grazie all’amicizia con lo scultore valtellinese Mario Negri e col medico e collezionista d’arte chiavennasco Serafino Corbetta. Ma Giacometti non riuscirà a vedere del tutto realizzati i progetti editoriali sulla sua opera avviati allora nell’ambiente milanese. Stremato dall’estenuante tour delle sue numerose mostre aperte nel mondo, alla fine del ’65 Giacometti lascia il suo studio parigino e decide di ricoverarsi all’ospedale di Coira, dove muore l’11 gennaio 1966 per un attacco cardiaco. E’ sepolto nel cimitero di Borgonovo-Stampa, in Val Bregaglia, accanto ai suoi familiari.


Per chi fosse interessato a quest'artista riportiamo di seguito i luoghi e le date dove poterlo vedere:

fino al 3.8.2008
The Shape of Time Walker Art Center, Minneapolis, MN

fino al 6.4.2008
Monet bis Picasso - Die Sammlung Batliner Albertina, Vienna

fino al 13.1.2008
Japan und der Westen. Die erfüllte Leere Kunstmuseum Wolfsburg, Wolfsburg

fino al 6.1.2008
Die andere Sammlung. Hommage an Hildy und Ernst Beyeler Foundation Beyeler, Riehen

fino al 18.11.2007
Fleischeslust – oder die Lust an der Darstellung des Fleischlichen Bündner Kunstmuseum Chur, Chur

fino al 21.10.2007
Swiss Made 2: Präzision und Wahnsinn. Schweizer Kunst von Hodler bis Hirschhorn Kunstmuseum Wolfsburg, Wolfsburg

fino al 7.10.2007
Guggenheim Collection: 1940s to Now NGV - National Gallery of Victoria, Melbourne, VIC