lunedì 24 settembre 2007

Il respiro della materia, Vasco Bendini



“Ho avuto la forza o, forse, la fortuna di non cedere a nessun patteggiamento ricattatorio. Ho cominciato a rispondere a tutte le mie esigenze più segrete, sapendo di dover rinunciare a vantaggi economici. Forse molti ridono di ciò, e forse molti dubitano, ma io credo che se si vuole essere liberi in un contesto sociale, e imparare a coesistere con il diverso, non si può fare altro che assumere un comportamento simile”
Vasco Bendini

Vasco Bendini nasce a Bologna nel 1922. Nel 1940 si iscrive alla Facoltà di Architettura di Firenze, per passare poi All'Accademia di Belle Arti di Bologna, ove ha per maestri Giorgio Morandi e Virgilio Guidi. Dopo l'esordio alla galleria Bergamini di Milano, introdotta da Guidi nel 1949, all'inizio degli anni Cinquanta ha inizio la sua attività espositiva matura, con le personali alla galleria La Torre di Firenze, 1953, alla galleria del Milione, Milano, 1956 e 1958, alla Saletta di Modena, 1956, all'Attico di Roma, 1959, 1961, 1963, all'Apollinaire di Milano, 1961, alla Mc Roberts & Tunnard, Londra, 1963, e la prima presenza, nel 1956, alla XXVIII Biennale di Venezia. Contemporaneamente, partecipa a importanti mostre collettive, come Giovani Artisti Italiani alla Permanente, Milano, e Nuove tendenze dell'arte italiana, alla Roma - New York Art Foundation, Roma, 1958; Possibilità di relazione all'Attico, Roma, 1960, Mostra della critica italiana, Milano, 1961, Nuove Prospettive della Pittura Italiana, Palazzo Re Enzo, Bologna, 1962, L'Informale in Italia fino al 1957, Livorno, 1963. Nel 1964 ha una sala personale alla XXXII Biennale di Venezia, cui ne seguirà una alla XXXVI Biennale, 1972. Nel 1968 si tiene la prima mostra antologica all'InArch, Palazzo Taverna, Roma. Nel 1972 gli viene dedicata una sala personale in seno alla mostra La Ricerca Estetica dal '60 al '70, X Quadriennale Nazionale d'Arte, Palazzo delle Esposizioni, Roma. Del 1973, anno del suo trasferimento a Roma, sono le grandi mostre all'Istituto di Storia dell'Arte dell'Università di Parma e alla Sala Comunale di Alessandria. Seguono quelle al Museo d'Arte Moderna di Saarbrucken, 1976, alla Galleria d'Arte Moderna di Bologna, 1978, alla Casa del Mantegna di Mantova, 1984, al Padiglione d'Arte Contemporanea di Milano e al Palazzo Forti di Verona, 1989, per culminare con la tripla mostra alla Galleria Civica di Modena, alla Galleria d'Arte Moderna di Bologna e alla Galleria Civica di Trento nel 1992. Negli stessi anni, tra le numerose mostre collettive si segnalano Arte in Italia I960 - 1977, Galleria Civica d'Arte Moderna, Torino, 1977. L'Informale in Italia, Galleria d'Arte Moderna, Bologna, 1983, Pittura e Realtà, Palazzo dei Diamanti, Ferrara, 1993. Del 1996 sono un'ampia personale alla Loggetta Lombardesca di Ravenna e la mostra dell'opera litografica all'Istituto Nazionale per la Grafica, Roma. Altre importanti antologiche si tengono nel 1998 al Museo Laboratorio di Arte Contemporanea, Università degli Studi La Sapienza, Roma; nel 1999 al Palazzo Sarcinelli di Conegliano e nel 2001 al Castello di Masnago, Varese. Nel 2000 è tra gli artisti scelti per la mostra Novecento, arte e storia in Italia, Scuderie Papali al Quirinale e Mercati di Traiano, Roma. Due sue opere sono state esposte alla mostra La pittura degli anni Cinquanta in Italia, tenuta presso la galleria d'Arte Moderna di Torino (maggio - giugno 2003), entrando a far parte delle acquisizioni permanenti presso la stessa Galleria torinese. Sempre nel 2003 si inaugurano un’ampia antologica al Museo di Lissone, a cura di Gualdoni, ed una personale al Museo Bocchi di Parma, a cura di Ivo Iori. Nell’autunno del 2005 opere recenti vengono presentate alla Galleria de’ Foscherari di Bologna. Nel 2006, a marzo, partecipa, con quattro opere dei primi anni Cinquanta, alla rassegna Dal Romanticismo all’Informale – omaggio a Francesco Arcangeli , a cura di Claudio Spadoni, presso la Loggetta Lombardesca di Ravenna; ad aprile si inaugura la personale presso l’associazione culturale Spaziosenzatitolo di Roma, con un saggio introduttivo di Massimo Arioli; nel giugno 2006 è invitato da Gabriele Simongini alla rassegna Astrattismo italiano 1910-1970 che si tiene a Chieti, al Museo Archeologico; a luglio è invitato, con opere degli anni Cinquanta, alla collettiva Una natura altra allestita da Sergio Troisi nel ex Convento del Carmine di Marsala. Nel settembre dello stesso anno sempre Gabriele Simongini cura l’antologica dal titolo L’immagine accolta, presentando opere che vanno dal 1951 al 2006 nella galleria romana Casa d’arte Ulisse. Al catalogo della mostra viene affiancato un saggio monografico di Edoardo Piersensini dal titolo Fra il nulla e l’infinito. Nell’ottobre del 2006 Giorgio Cortenova introduce in catalogo un’altra antologica, Il respiro della materia , che si tiene nella galleria La Giarina di Verona. Dal 1999 vive e lavora tra Parma e Roma.

sabato 8 settembre 2007

I maestri dell'800: Henri de Toulouse-Lautrec



Henri Marie Raymond de Toulouse-Lautrec nacque il 24 novembre del 1864 ad Albi, nel palazzo medioevale della famiglia, le cui origini nobili risalivano fino a Carlo Magno. Il padre, ozioso e appassionato di caccia, nel 1868 si separò dalla moglie a seguito della morte del fratello di Henri, di tre anni più giovane di lui. Nel 1872, Toulouse - Lautrec si trasferì con la madre a Parigi, dove frequentò il Lycée Fontanes e conobbe Maurice Joyant, l'amico della sua vita, che sarebbe divenuto anche il curatore della sua eredità, il suo primo biografo e che avrebbe fondato, ad Albi, il Museo Toulouse - Lautrec. Nel 1875, Lautrec a causa del suo cagionevole stato di salute, ritornò ad Albi dove la sua istruzione continuò ad opera della madre e di insegnanti privati. Egli soffriva di picnodisostosi, una malattia ossea di natura ereditaria, dovuta alla consanguineità dei genitori che erano, infatti, cugini di primo grado. A tredici anni, nel maggio del 1878, si ruppe il femore sinistro a seguito di una rovinosa caduta e l'anno successivo una nuova caduta nel letto di un torrente in secca gli procurò la rottura del femore destro. Le uniche cose che in quei momenti difficili gli davano consolazione erano il disegno e la pittura. Dopo aver ottenuto la maturità nel 1881, Lautrec si recò a Parigi da René Princetau, pittore di animali, sordomuto ed amico del padre, che, vista la bravura e il talento di Lautrec, l'anno successivo lo mandò dal noto artista francese Léon Bonnat che ebbe, e continuò ad avere anche dopo la morte di Lautrec, un giudizio negativo sul suo modo di disegnare. Nel settembre del 1882, Toulouse - Lautrec entrò nello studio di Fernand Cormon, dove frequentò Henri Rachou, Adolphe Albert, René Grenier e Louis Anquetin e conobbe Vincent Van Gogh, di cui divenne amico e il cui ritratto è una delle sue migliori prime opere. Nel 1884 si trasferì da amici a Montmartre luogo che fu un'inesauribile fonte di ispirazione e in cui aprì, nel 1886, un proprio atelier di pittore. Frequentò assiduamente cabaret, caffè e sin dalla sua fondazione, nel 1889, divenne ospite fisso del Moulin Rouge, al cui ingresso faceva mostra di sé la sua opera "Cavallerizza acrobata al circo Fernando", del 1888, e per il quale realizzò il "Ballo al Moulin Rouge", del 1892. Molti dei personaggi del cabaret, tra cui La Goulue, Yvette Guilbert, la ballerina Jane Avril, il proprietario di cabaret Aristide Bruant, Valentin le Désossé, furono resi immortali grazie ai quadri e ai manifesti di Lautrec. Nel 1884 ebbe luogo la prima esposizione a cui prese parte con alcune sue opere, a cui ne seguirono altre e nel 1893 realizzò la sua prima grande mostra individuale che vide giudizi positivi da parte della critica. Ammiratore di Cézanne, Renoir, Manet e in particoalr modo di Degas, Lautrec si interessò molto alla xilografia giapponese, di cui venne a conoscenza grazie a Van Gogh. Nel 1891, quando il Moulin Rouge gli commissionò la realizzazione di un manifesto pubblicitario che sarebbe stato affisso in tutta Parigi, iniziò per Lautrec un periodo di notorietà e di commissioni: produsse 31 manifesti, tra cui famosi quelli per Jane Avril, Aristide Bruant, la ballerina May Milton, il Divan Japonais e il Jardin de Paris. Viaggiò molto, visitando la Francia, l'Olanda, la Spagna, il Belgio, l'Inghilterra: realizzò, però, pochissimi paesaggi: non nutriva particolare interesse per la pittura paesaggistica, prediligendo le figure umane. Autore, nei vent'anni di attività, di 600 dipinti, 350 litografie, 31 manifesti e 9 incisioni, Lautrec è universalmente riconosciuto come uno dei più geniali grafici della storia dell'arte, soprattutto nella litografia a colori. Intorno al 1890, Lautrec ebbe l'incarico di dipingere il salotto della casa chiusa di Rue de Moulins, la migliore di Parigi, e pertanto si trasferì lì, vivendo in quegli ambienti considerati malfamati ma che egli trovava ricchi di vita ed accoglienti. Fra il 1892 e il 1895 Toulouse-Lautrec dedicò moltissimi quadri e disegni alle case chiuse parigine e alla vita quotidiana che in esse si svolgeva, colta negli aspetti più particolari e segreti. Interessato al teatro, al circo, all'ippica e all'automobilismo, da cui traeva motivi ed ispirazioni per le sue opere, Lautrec, anche a causa della sua vita smodata e senza soste, iniziò ad avere i primi effetti dannosi per la sua salute. Bevitore di alcol, dal 1897 in poi fu sempre più colto da depressioni, manie di persecuzione, nevrosi, irascibilità, fino ad essere ricoverato, all'inizio del 1899, in una clinica neurologica. Uscitone dopo qualche mese, riprese soprattutto a dipingere, realizzando, tra le altre, "Miss Dolly, l'inglesina dello Star a Le Havre", "La modista", "Al Rat Mort". Riprese a bere e l'unica cosa che gli desse conforto era il lavoro: realizzò altri manifesti e quadri, tra cui una serie di dipinti per l'opera teatrale "Messalina", fino a quando, nell'estate del 1901, fu colpito da un colpo apoplettico che gli procurò una semiparalisi. Morì, trentasettenne, il 9 settembre del 1901, assistito dalla madre e dal suo amico Paul Viad.


Per chi volesse approfondire quest'artista riportiamo di seguito i luoghi e le date dove poterlo vedere:

fino al 7.10.2007
Französische Meisterwerke des 19. Jahrhunderts aus der Sammlung des Metropolitan Museum of Art New York zu Gast in Berli Neue Nationalgalerie, Berlino

fino al 23.9.2007
Zwischen Muse und Kokotte - Das Bild der neuen Frau um 1900 Villa Flora Winterthur - Sammlung Hahnloser, Winterthur

fino al 23.9.2007
Contemporary Painters and Their Influences Contemporary Art Center of Virginia, Virginia Beach, VA

fino al 9.9.2007
Manet to Matisse The Nelson-Atkins Museum of Art, Kansas City, MO

sabato 1 settembre 2007

Il maestro della scultura, Giacomo Manzù



Giacomo Manzu', pseudonimo di Giacomo Manzoni, uno dei maggiori scultori del Novecento, nasce a Bergamo il 22 Dicembre del 1908, dodicesimo di quattordici fratelli. La famiglia non ha possibilità economiche, il padre calzolaio, arrotonda le magre entrate con l'attività di sagrestano ed il piccolo Giacomo può frequentare la scuola fino alla seconda elementare. Nelle botteghe degli artigiani dove il futuro scultore impara a scolpire e dorare il legno, prende confidenza con altri materiali come la pietra e l’argilla, mentre frequenta i corsi di Plastica Decorativa presso la scuola A.Fantoni di Bergamo. Durante il servizio militare a Verona, ha l'occasione di ammirare e studiare le porte di San Zeno e si appassiona ai calchi dell'Accademia Cicognini. Dopo un breve soggiorno a Parigi nel '29, nel 1930 si stabilisce a Milano dove l'architetto Giovanni Muzio gli commissiona la decorazione della Cappella dell'Università Cattolica di Milano, lavoro che lo impegno per due anni. Intanto realizza le sue prime opere in bronzo, si dedica al disegno, all'incisione, all'illustrazione ed alla pittura, superando l'iniziale ispirazione all'arte egizia e minoica del «primitivismo», allora molto diffuso. Giacomo Manzù comincia a modellare teste in cera e bronzo guardando a Medardo Rosso. Nel 1932 prende parte a una mostra collettiva alla Galleria del Milione e nel 1933 espone una serie di busti alla Triennale. Nel 1934, alla Galleria della Cometa di Roma, Giacomo Manzu' tiene la sua prima grande mostra, insieme ad Aligi Sassu, con il quale divide lo studio. Con l'opera "Gesù e le Pie Donne" Manzù vince il premio Grazioli dell'Accademia di Brera per lo sbalzo e il cesello. Nel 1936 Giacomo Manzù si reca a Parigi, con l'amico Sassu dove visita il Musée Rodin, conosce gli impressionisti e sviluppa i primi germi di ribellione antinovecentistica che lo porteranno ad aderire al movimento di "Corrente". Considerato ormai fra le personalità più significative della scultura italiana, tra il 1938 e il '39 Manzù inizia la serie dei "Cardinali", ieratiche immagini in bronzo, dalla schematica struttura piramidale, avvolte nella massa semplice e potente della stola, assorte in meditazione. Da il via al ciclo di bassorilievi in bronzo con le "Deposizioni" e le "Crocifissioni" in uno stile classicheggiante e una poetica che si richiama a Donatello. Negli anni '40, come reazione alla violenza della guerra, Giacomo Manzù riprende e riunisce sotto il titolo "Cristo nella nostra umanità", le opere della Crocifissione e della Deposizione. Nel 1941 Giacomo Manzù ottiene la cattedra di scultura all'Accademia di Brera, dove insegna fino al 1954, quando si dimette per dissensi sul programma di studio. Non mancano i riconoscimenti: il suo nudo di "Francesca Blanc" vince il Gran premio di scultura alla Quadriennale di Roma del 1942 e, alla Biennale di Venezia del 1948, vince la medaglia d'oro per la serie dei "Cardinali". Nel 1945 si stabilisce a Milano e nel 1946 l'incontro con Alice Lampugnani è all'origine dell'importante opera "Grande ritratto di signora" e di un centinaio di disegni che lo terranno occupato per due anni. Nel 1947 Manzù illustra le Georgiche di Virgilio, e viene organizzata una grande Mostra antologica dei suoi lavori al Palazzo Reale di Milano. Nel 1954 Manzù prosegue l'insegnamento all'Accademia estiva di Salisurgo dove incontra Inge Schabel che diviene la compagna della sua vita: lei e sua sorella Sonja saranno le modelle dei suoi futuri lavori. Impegnato per lunghi anni alla creazione dei disegni preparatori, dei bozzetti e di tre porte di cattedrali fra cui la "Porta della Morte" per San Pietro a Roma, Giacomo Manzù ritorna alla figura a tutto tondo ed a temi più intimi come "Passi di danza", "Pattinatori" e gli "Amanti. Giacomo Manzù si è occupato anche di teatro disegnando scenografie e costumi, tra cui quelli notevoli per l' "Oedipus rex" di Igor Stravinskij nel 1965, per "Tristano e Isotta" di Richard Wagner nel 1971 e per il "Macbeth" di Giuseppe Verdi nel 1985. Lo scultore muore a Roma (vicino ad Ardea, dove si era stabilito quando stava preparando la Porta della Pace e della Guerra, per la chiesa di San Laurenz a Rotterdam), il 17 gennaio 1991.


Per chi fosse interessato a quest'artista riportiamo di seguito i luoghi e le date dove poterlo vedere:

fino al 30.12.2007
Collectors 1 - Collezione La Gaia Cesac - Centro Sperimentale per le Arti Contemporanee, Caraglio

fino al 30.9.2007
Le cinque anime della scultura Cesac - Centro Sperimentale per le Arti Contemporanee, Caraglio

fino al 9.9.2007
100 Jahre Kunsthalle Mannheim Städtische Kunsthalle Mannheim, Mannheim