Filippo de Pisis, tra poesia e pittura
Filippo de Pisis e' lo pseudonimo di Luigi Filippo Tibertelli nato a Ferrara l' 11 maggio 1896. Affetto da disturbi nervosi, nel 1915 de Pisis venne ricoverato all'ospedale psichiatrico di Venezia. In seguito visse tra Ferrara e Bologna, nelle cui Università studiò lettere e filosofia dal 1916 al 1919. Pubblica nel 1916 i 'Canti della Croara', primo volume di prose, dedicato a Pascoli e con la prafazione di Govoni, che già documenta la poetica dell'immediato contatto spontaneo con la realtà e dello 'stupore' di fronte al mondo, necessari all'artista. Nello stesso anno pubblica ‘Emporio’. Compie studi di botanica e di entomologia, sull'arte antica ferrarese e sull'arte moderna in generale. È in relazione con poeti, scrittori e artisti, Binazzi, Bacchelli, Raimondi, Soffici, Tzara, Apollinaire, e con Savinio e De Chirico, militari, giunti nella Villa del Seminario di Ferrara, la 'Villa degli enigmi'. Nella concezione di De Pisis è precocemente presente l'elemento metafisico, lirico, drammatico, di sogno, che si carica d'ironia burlesca o dolorosa. Vede nascere i capolavori metafisici di De Chirico. Nel 1918, il romanzo breve 'Mercoledì 14 novembre 1917' conferma la sua adesione alla Metafisica. Laureato nel 1920, pubblica 'Il Signor B'; vive a Roma fino al 1925. Pubblica 'La città dalle cento meraviglie' presso le edizioni Bragaglia; conosce Comisso e Spadini; decide di dedicarsi alla pittura (ma le prime prove e le miniature datano dal 1908) ed espone alla Casa d'arte Bragaglia. Lavora sul tema delle nature morte e dei nudi maschili. Nel 1925 si reca a Parigi dove ritrova De Chirico e conosce Braque, Picasso, Matisse, e Joyce, Svevo, Max Jacob e Cocteau. Affronta il tema della veduta di città. Espone alla Galérie Carmine nel 1925 e alla Galérie Au Sacre du printemps, presentato da De Chirico, nel 1926. Studia la pittura francese da Delacroix all'Impressionismo ai Fauves e dipinge con estrema sensibilità senza perdere un appunto della quotidanità. Dal 1926 data il diario degli anni parigini fino al 1932: 'Il marchesino pittore'. Nel 1930 fa da guida a Comisso a Parigi. Partecipa alla mostra '22 Artistes italiens modernes' alla galleria Bernheim con Funi, Broglio, Tozzi, Savinio, Casorati, Scipione e Léonor Fini. Dall'ultimo terzo degli anni '20 entra nei suoi quadri una tipica leggerezza e rapidità di tocco e una luce diafana che provocano una sensazione di estatico estraniamento. Il pittore entra ora in comunicazione di sensi col soggetto che non è piò solo pretesto per una costruzione intellettuale. Passa alcune estati in Cadore. La morte della madre segna profondamente la sensibilità dell'artista. Nel 1930 esce la monografia a firma di Waldemar George. Partecipa alla Biennale di Venezia, viaggia in Olanda con Marino Moretti. Dipinge 'Il gladiolo fulminato': il 'Nudino sulla pelle di tigre', 'La granseola'. Nel 1935 espone alla galleria Zwemmer di Londra anche le opere ivi eseguite, freneticamente segniche e innovative. Esce a Parigi la monografia prefata da Paul Fierens. Affianca alle vedute parigine opere di trasognata meditazione come 'Una rosa sta buttando' del 1938. In vacanza a Cortina nel 1939 non può rientrare in Francia a causa lo scoppio della seconda guerra mondiale. Si stabilisce a Milano e partecipa alle maggiori mostre nazionali a partire dalla Quadriennale dello stesso 1939. Esegue alcuni ritratti di violenta gestualità. Ha casa e studio in via Rugabella. Sigla i dipinti con le lettere 'V.R.'. Riaffiorano nella sua pittura componenti letterarie. È nuova la severità compositiva, forte la concentrazione. Ritrova De Chirico. Dipinge sul tema dei derelitti, dei poveri Santi di Govoni. Allestisce una personale alla galleria dello Zodiaco di Roma. Dopo i bombardamenti su Milano nel 1943 si trasferisce a Venezia in San Barnaba. Dipinge 'Piazza San Marco durante la guerra'. Comincia a esser tormentato da emicranie. Nel 1946 realizza due grandi pannelli per l'Hotel Continental di Milano, con lo sguardo rivolto alla grande pittura veneta. Esegue splendide vedute veneziane, impostate su diversi registri e una desolata 'Natura morta in grigio'. Dopo un soggiorno a Parigi nel 1948, con la nipote Bona, rientra a Venezia, in precario stato di salute per una forma di arteriosclerosi precoce che avanza inesorabilmente e lo tormenta con emicranie e senso d'apprensione. Compie alcuni ritratti fortemente introspettivi ma privati di vitalismo. L'artista subisce un primo ricovero a Villa Fiorita di Brugherio ed esami alla Clinica neurologica di Bologna. Rientra a Venezia. Si dedica a composizioni di fiori dal linguaggio essenziale, permeato da vasti silenzi, dalla cromia spenta. Il Castello Estense di Ferrara ospita la sua prima ampia antologica nel 1951. Trascorre a Villa Fiorita di Brugherio gli ultimi anni, dipingendo nella serra dell'istituto le ultime opere, le nature morte con le ragnatele, con la trota, con la penna, permeate di devastante tristezza, entro il '53, fino alla morte nel 1956. Tra le grandi mostre dedicate all'artista, le antologiche ferraresi a Palazzo del Diamanti nel 1973 e a Palazzo Massari, nel centenario della nascita, nel 1996, con la donazione della collezione Malabotta di Trieste al Comune di Ferrara.