Omaggio ad uno dei grandi maestri italiani: Carlo Carrà
Carlo Carrà è nato a Quargnento (Alessandria) l’11 febbraio 1881, da famiglia artigiana. Dopo aver esercitato per un decennio il mestiere di decoratore murale a Milano, Parigi, Londra, Bellinzona, nel 1906 entra all’Accademia di Brera dove stringe amicizia coi giovani pittori Bonzagni, Romani, Valeri e Boccioni, e sviluppa una esperienza figurativa di tipo divisionista. Agli inizi del 1910 incontra Marinetti e con lui, Boccioni e Russolo, decide di lanciare un manifesto ai giovani artisti per un rinnovamento del linguaggio pittorico. Vi aderiscono Balla e Severini: nasce così il futurismo. Nell’autunno del 1911 Carrà si reca per la seconda volta a Parigi e avvia i primi contatti col mondo cubista; contatti che si intensificheranno durante il terzo viaggio nel febbraio del 1912 per l’esposizione futurista alla Galleria Bernheim Jeune. In questa occasione conosce Apollinaire, Picasso, Braque, Modigliani, Matisse, Léger, Derain e Medardo Rosso. Agli inizi del 1913 aderisce al futurismo il gruppo fiorentino de "La Voce", che stava avviando la nuova rivista "Lacerba", diretta da Papini e Soffici. Carrà vi collabora assiduamente con scritti e disegni: contemporaneamente sviluppa i rapporti coi cubisti francesi e nel 1914 trascorre ancora un periodo a Parigi. Frattanto matura in lui la crisi del futurismo: è questo il tempo dei suoi collages che rispecchiano appunto il suo progressivo distacco dal movimento marinettiano; ed è pure il tempo dei suoi studi sull’arte di Giotto e Paolo Uccello. Disegna parecchio, anticipando soluzioni formali che verranno trasferite nella sua pittura negli anni seguenti. Nel 1916 pubblica nella nuova "Voce": "Parlata su Giotto" e "Paolo Uccello costruttore" dove si riflette la sua nuova posizione artistica e il senso di recupero di un "tempo storico". Del medesimo anno sono i quadri di impronta primitiva e alcuni già metafisici. Richiamato alle armi, dopo un periodo a Pieve di Cento, Carrà per le sue cattive condizioni di salute è ricoverato all’Ospedale Militare di Ferrara: qui incontra De Chirico e Savinio, Govoni e De Pisis. E anche qui disegna e dipinge. Nel 1919, smobilitato, Carrà rientra a Milano e si sposa con Ines Minoja. Segue un altro periodo di meditazioni e crisi interiori: dipinge poco e soprattutto disegna, realizzando quella serie di fogli che i critici, poi, definiranno la sua fase "purista". La ricerca ora è volta alla semplificazione più scarna dell’immagine per fermare l’essenza; ed è il presupposto diretto della nuova pittura che egli comincerà a realizzare nel 1921. Una sorta, insomma, di esercitazione sugli "elementari della pittura" attraverso i quali Carrà nuovamente interpreta la definizione leonardesca dell’arte come "operazione mentale". Poetica questa che si riflette nei quadri e nei disegni non meno che negli scritti pubblicati nella rivista "Valori Plastici" diretta da Mario Broglio. Nel 1923 Carrà affronta il tema del paesaggio marino a Camogli, e il frutto di questo soggiorno sono alcuni dipinti e parecchi disegni destinati a dar spunto a una serie di acqueforti che inciderà a Milano l’anno seguente, dopo una permanenza in Valsesia e nuove meditazioni su Cézanne e i valori del paesaggio. Ora Carrà procede nel proprio lavoro in solitudine, senza più unirsi a gruppi; e questa posizione isolata la conserva anche di fronte al movimento "Novecento" al quale non dà la propria adesione pur partecipando alle due mostre milanesi del 1926 e del 1929 e ad alcune mostre all’estero. Dal 1926 Carrà passa ogni anno diversi mesi a Forte dei Marmi, dove trova temi che gli divengono congeniali, le spiagge deserte, i monti sul mare, i capanni. Seguono anni di lavoro intenso sulla linea di quella che è ormai la sua poetica duratura: lo dichiara egli stesso quando scrive che gli è necessario ricercare "un vero poetico sostenendo che l’immateriale cerca adeguata forma, e la forma crea la superiore armonia che ritorna all’immateriale svelato attraverso l’esperienza pittorica". È la sua poetica delle "cose ordinarie", le cose cioè che "esistono quando l’animo s’inarca e le cose non sono cose, ma espressione poetica del nostro spirito creatore". È questa una linea di continuità che non esclude, naturalmente, forme e modi diversi: volti cioè a una sintesi più accentuata verso quel difficoltoso equilibrio fra elemento concreto e sua trasfigurazione, o astrazione, che per Carrà è stato sempre il problema centrale. Accanto al lavoro pittorico, prosegue la sua battaglia per l’arte moderna con scritti di critica e di dottrina estetica, particolarmente sul quotidiano milanese "L’Ambrosiano". E disegna sempre intensamente, perché trova nel disegno il mezzo più immediato, nitido per fermare idee e spunti di ricerca che poi gli serviranno nel linguaggio pittorico. Anche nell’estate del 1965, la sua ultima estate passata a Forte dei Marmi, esegue una folta serie di disegni, che sono fra le sue ultime opere. Il 13 aprile 1966 Carrà muore a Milano in conseguenza di una brevissima malattia.
Per chi fosse interessato a quest'artista riportiamo di seguito i luoghi e le date dove poterlo vedere:
fino al 29.7.2007
Il Settimo Splendore - La modernità della malinconia
Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea Palazzo Forti, Verona
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